La Roma, anche dopo la settima giornata, continua ad avere il miglior attacco del campionato. Diciassette reti all'attivo, media di 2,42 a partita. Un ruolino di marcia...
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A TESTA BASSA
Come accaduto negli anni passati, la Roma continua segnare in (quasi) tutti i modi. A Palermo ha sfruttato una percussione centrale (Pjanic), un'altra giocata centrale, anche se un po' casuale (Florenzi), un'invenzione dell'anarchico Gervinho e infine ancora una palla centrale di Uçan per la doppietta dell'ivoriano. La Roma segnare tanto palla a terra e poco sfruttando il gioco aereo: soltanto due delle 17 reti sono arrivate alzando il pallone, quella di Dzeko contro la Juventus e quella di Digne contro il Carpi. La cosa singolare, e positiva per Garcia, è che al Barbera i suoi uomini sono andati a segno per la prima volta nel primo quarto d'ora di gioco, prima con Pjanic dopo meno di 2 minuti (108”, record stagionale in campionato) e poi con Florenzi. A Borisov, in Champions, martedì la Roma aveva beccato tre reti in mezzora; ieri a Palermo ne ha confezionate tre in 27 minuti. Se in Bielorussia Garcia aveva completamente toppato la formazione iniziale, in Sicilia ha azzeccato le scelte, perché è andato sul sicuro, non si è lasciato sedurre da botte di fenomenismo e così tutto è risultato logico. E la Roma, non a caso, ha vinto la partita, anche se nella seconda parte ha mostrato i consueti limiti in fase difensiva. E, allora, il punto è questo: meglio avere il miglior attacco o la miglior difesa per puntare con convinzione allo scudetto? Servirebbe la miglior differenza reti, in realtà; cioè, equilibrio. E continuità. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero