Roma, Garcia è colpevole come Luis Enrique, Zeman e Andreazzoli...

Roma, Garcia è colpevole come Luis Enrique, Zeman e Andreazzoli...
Trova il colpevole, se uno solo ce n’è. Forse no, siamo fuori strada o forse oggi è molto più facile dnominarne uno: Rudi Garcia. Colpevole attivo e passivo. Attivo perché...

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Trova il colpevole, se uno solo ce n’è. Forse no, siamo fuori strada o forse oggi è molto più facile dnominarne uno: Rudi Garcia. Colpevole attivo e passivo. Attivo perché non è in grado di regalare un gioco alla squadra, nemmeno a pagamento, nemmeno con la forza. Passivo, perché la sensazione è che, visti anche i giocatori a disposizione e il loro umore, è difficile inventarsene uno, farebbero fatica a seguirti. Come la giri la giri, alla fine è sempre Garcia il colpevole. Imputato, alzatevi. Si mandi via Garcia ok, e la società sostiene che sia solo un’illazione pensarlo, e poi? Qualcosa cambierebbe o forse no, lo scopriremo solo vivendo. Ma la riflessione che possiamo fare è questa: in cinque anni sono passati sulla panchina della Roma, nell’ordine, Luis Enrique, Zeman (sostituito da Andreazzoli, che ha perso la finale di Coppa Italia contro la Lazio) e Garcia, quattro allenatori diversi, tranne Rudi tutti mandati via per disperazione, dei giocatori e della società, che vede Sabatini l'unico dirigente presente in tutti i cinque anni di gestione amercana. Possibile che sia sempre colpa dell’allenatore? Possibile che i giocatori (alcuni, ovvio) siano sopravvalutati? Possibile che qualche dirigente non riesca a fare benissimo il proprio lavoro, o che forse il proprio lavoro non è adatto a questo progetto? Possibile che ogni anno si smebri una squadra troppo nel nome delle plusvalenze e meno nel nome della vittoria? Possibile tutto, probabile tutto. Tant’è che oggi Garcia è sotto esame, quasi l'unico. Imputato, capro espiatorio. Primo. Inter pares. Pallotta decida, senza condizionamenti, se possibile. Se nessuno è in grado di seguire più l'allenatore, è ovvio cambiare. Ma sarà una decisione, non la decisione. La pagluzza, non il trave.
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Il Messaggero