Paulo Fonseca parla poco. Lo stretto necessario, più o meno. E non è (non può esserlo) un problema di lingua. Quando lo fa, come accaduto dopo la partita di...
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Roma-Bilbao 2-2: un rigore inesistente al 90' regala a Fonseca il primo pareggio
TANTO DA FARE
Indossare oggi i panni di Paulo significherebbe infilarsi in abiti scomodi. Né brutti né belli: scomodi. Di quelli che adesso sono troppo larghi ma che in un amen potrebbero diventare troppo stretti, e senza aver fatto neppure un giorno di dieta. Tutto precario, tutto instabile. Tutto in attesa di definizione, di punti fermi. Intoccabili. La nuova Roma ha bisogno assoluto di tante cose (ieri lo si è visto con grande, preoccupante evidenza), ma troppo è ancora incerto. In attesa che qualcosa si sblocchi, e sperando che le cessioni siano un male minore. Aveva chiesto coraggio, Fonseca, presentandosi nella Capitale; aveva - forse casualmente - anticipato i tempi, conscio del compito che lo aspettava. Non prevedeva, però, di trovarsi a due settimane dall'inizio del campionato con una squadra così indefinita. E qui non si tratta solo di Dzeko sì o Dzeko no: c'è una difesa da sistemare perché monca; c'è da migliorare la qualità del gioco; ci sono meccanismi da oliare e intese da perfezionare; c'è da dare alla squadra un'identità tattica per ora sconosciuta. Per fare questo, però, serve poter contare su basi solide, al riparo da sorprese. Fonseca lo sa meglio di chiunque altro.
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Il Messaggero