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Un’altalena. In alto, in basso, di nuovo in alto. Normale, tutto questo, nel calcio. E altalenante è l’andamento delle considerazioni, degli umori, che spesso si basano sui risultati. Così è per Paulo Fonseca, che non sfugge a questo saliscendi. Poco più di un anno fa, la Fiorentina (al Franchi) ci ha raccontato una mezza verità sulla Roma e su Fonseca: quel successo, 1-4, a dicembre, aveva fatto bello Paulo, che proprio quella sera sembrava aver trovato la strada corretta. Anche stavolta c’è stata di mezzo la Fiorentina e la vittoria dell’Olimpico, ha ritrasmesso quelle medesime sensazioni positive, sulla Roma e, appunto, su Fonseca.
L’INTERMEZZO NERO
In mezzo c’è stato un anno disastroso e per mille motivi: il campionato interrotto marzo, il crollo della Roma in classifica (da gennaio un disastro), dal terzo al quinto posto, con la conseguente uscita dalla zona Champions (tutti i disastri economici conseguenti) e la partita deprimente con il Siviglia. Un bel pezzo di regia di questo film horror, ovviamente, è del Covid; Fonseca pure ci ha messo del suo. E Pallotta prima, Friedkin poi avrebbero fatto a meno di lui. Ma in quel momento per i nuovi americani non era il caso di cambiare, c’era poco tempo a disposizione per ristrutturare e ripartire. E poi, la questione economica, che non è/era da sottovalutare: mandare via Fonseca significava dover pagare uno stipendio in più. Se è vero che ha commesso degli errori (che per primo gli fece notare Dzeko dopo la brutta eliminazione di Duisburg con il Siviglia lo scorso 6 agosto), Paulo pian piano sta ritrovando la giusta via e non lo dice solo la partita di domenica contro la Fiorentina, lo dicono alcuni risultati che, naturalmente, gli danno ragione. Ad esempio sono 10 le vittorie della Roma nelle ultime 14 gare di campionato, con 3 pari e una sconfitta (col punto di Verona sarebbe avanti a Inter, Napoli e in zona Champions con Juve e Atalanta).
MUMERI CON LUI
Nelle precedenti 13 partite i giallorossi, con Fonseca in panchina, avevano ottenuto appena 4 successi oltre ad 1 pari e 8 sconfitte, ecco perché si era pensato all’addio, con Allegri e Sarri sempre nell’ombra.
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Il Messaggero