Il vizietto di Eusebio: cambiare troppo e male

foto Gino Mancini
Non ce n’era bisogno. A conti fatti, non c’era proprio bisogno di cambiare ancora una volta il modulo di gioco, passando in corsa dal 4-3-3 al 4-2-3-1. Va bene...

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Non ce n’era bisogno. A conti fatti, non c’era proprio bisogno di cambiare ancora una volta il modulo di gioco, passando in corsa dal 4-3-3 al 4-2-3-1. Va bene cambiare i giocatori, ma perché cambiare anche lo schema dopo che, non senza fatica, si era trovata una mezza quadratura del cerchio? S’era detto, durante la sosta: se si torna al 4-3-3, poi si deve andare avanti per quella strada. Senza più commettere gli errori del passato. Invece, cambio di modulo in corsa e partita riaperta in favore degli avversari. Resta da capire, ma forse non lo capiremo mai, perché sostituendo Florenzi e Pellegrini in contemporanea si sia voluto cambiare anche l’assetto di gioco. Karsdorp dentro, Florenzi fuori e ancora 4-3-3: perché no? E se Zaniolo alla vigilia era stato messo da Eusebio Di Francesco in concorrenza con Pellegrini, perché non dentro lui anziché De Rossi? Con DDR dentro, inevitabilmente la Roma è stata “costretta” a giocare il 4-2-3-1. E si è persa per strada, perché costretta per l’ennesima volta a recuperare al volo spazio, misure e posizioni. Senza trovarle, però. 

 
IL MERCATO DELLE ILLUSIONI
Di solito, mettendosi 4-2-3-1 una squadra difende più alta con i due suoi mediani, quindi si abbassa di meno e intasa i varchi centrali, liberando - però - maggiormente - le corsie esterne. Se fatto bene, però. Se invece il 4-2-3-1 viene fatto male, si rischia - come detto - di venir messi in difficoltà sulle corsie laterali. E la seconda rete del Chievo come è nata? Al di là del fatto che permettere ad un avversario, girato di spalle a un metro dalla linea bianca, di far gol nonostante due avversari quasi attaccati a lui è roba da record del mondo. Una mollezza imbarazzante. E, qui, il modulo non c’entra. I moduli, del resto, non contano, sono soltanto numeri. Conta l’interpretazione dei giocatori. E allora, mettendo da parte i numeri, resta da capire come mai una squadra come la Roma in vantaggio di due reti possa farsi rimontare dal Chievo. Le cose sono abbastanza semplici da dire, se uno le vuole dire: la Roma, partita dopo partita, sta dimostrando di essere una squadra non in grado di lottare per le posizioni di vertice, essendo meno forte di quella precedente per responsabilità che chiamano in causa anche la società e il suo mercato. E i 5 punti (uno meno della Lazio, e non solo) in quattro partite lo stanno a confermare. Quattro partite completamente diverse l’una dall’altra, con la Roma una volta impegnata a rimontare dopo un avvio disastroso e un’altra a subire la rimonta altrui per via di un finale di gara orrendo. 

Di questo passo non si farà mai giorno, e se non è (già) notte fonda poco ci manca. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero