Roma e Mourinho, i conti non tornano: serve la rivoluzione

Roma e Mourinho, i conti non tornano: serve la rivoluzione
Il giorno dopo - quando ti lecchi le ferite - è di riflessione. Sui numeri, che non tornano, la Roma ha nove punti in meno dello scorso anno, ha perso nove volte in...

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Il giorno dopo - quando ti lecchi le ferite - è di riflessione. Sui numeri, che non tornano, la Roma ha nove punti in meno dello scorso anno, ha perso nove volte in campionato, ha nove punti meno dell’Atalanta, quarta, con una partita giocata in più; sul progetto triennale, con firma Mourinho, non uno qualunque, che frena bruscamente e per l’ennesima volta; sul futuro, la stagione (almeno per quanto riguarda l’ambizione Champions), di fatto, è agli sgoccioli e, a meno di miracoli, ci si proietta a settembre, quando ne comincerà un’altra, magari con le stesse ambizioni e l’entusiasmo dello scorso luglio ma con risultati diversi. Mourinho, ne post Roma-Juve, usa la strategia delle distruzione verbale, con dichiarazioni, diciamo critiche, contro squadra (c’è stato un collasso psicologico, sono emersi complessi e fragilità: la squadra ha talento, ma ci sono delle mancanze in termini di personalità e dobbiamo uscire fuori dalla comfort zone del sesto-settimo posto) e società sulle imposizioni economiche di mercato. 

LA STRATEGIA


Dalla distruzione si ricostruisce e la Roma, proprio secondo il suo allenatore, andrebbe praticamente rifondata, magari con un difensore centrale in più (Kumbulla non è proprio di suo gradimento), un terzino (è arrivato Maitland-Niles, ma basterà?), un centrocampista-regista (Xhaka era l’obiettivo estivo, ora è in arrivo Oliveira). Tre giocatori di livello tecnico superiore alla media e con personalità. Non è la prima volta che Mou parla in quel modo e finora certe dichiarazioni non hanno portato vantaggi, anzi. Una squadra debole caratterialmente, davanti a parole così nette, si indebolisce ancor di più, e una società che non può spendere, non comincia a farlo se ironizzi sul prestito di Salah o sul mercato che si sta facendo in questa fase, quasi a costo zero («sono contento di avere due giocatori in prestito anche se la gente preferirebbe un giocatore top. Magari il Liverpool ci lascia Salah in prestito e siamo contenti... Ma io ho rispetto della proprietà e del direttore, non possiamo fare pazzie e mi devo adattare», le parole di Mourinho dopo la sfida contro la Juve). Il giorno dopo ti aspetti botti e fuochi d’artificio (una volta era così), invece, a Trigoria - con la squadra a riposo (ripresa del lavoro, oggi, in vista del Cagliari) tutto nella norma: giornata di confronto ordinario, senza summit particolari o vertici tra Mourinho (che ha subito più sconfitte nei suoi ultimi cinque anni di gestione, 61, che in tutto il suo primo decennio, 57) e i Friedkin che hanno parlato certamente con Tiago Pinto, loro referente abituale e principale. Questo fanno sapere. I Friedkin, Mou, lo hanno scelto e non lo mollano e questo non c’è bisogno di ribadirselo giorno dopo giorno; José ha accettato la Roma, conscio delle problematiche e magari qualche aspetto lo aveva sottovalutato, e non ha certo intenzione di andare via ora. Adesso Mou, da parafulmine, diventa l’uomo della piazza per spingere il club a investire sui calciatori. Serve una sterzata, quella sì: come squadra e nelle strategie societatie. Il tecnico portoghese ha bisogno di giocatori all’altezza, caratterialmente forti e che tecnicamente sappiano fare la differenza. Come è stato abituato in passato: così ha vinto, così vuole vincere a Roma. E’ l’unica strada che conosce. Il mercato della scorsa estate è stato di reazione, questo ci hanno detto mille volte José e il suo gm Pinto. Di reazione l’acquisto di Viña (Spinazzola si è fatto male lo scorso 2 luglio a Monaco), Abraham è stato preso per la partenza di Dzeko e prima dell’inglese è arrivato Shomurodov, non gratis, ma per 17.5 milioni di euro più 2,5 di bonus. Un acquisto, ci permettiamo di dire, affrettato, visto che in rosa, seppure in prestito, c’era già (e c’è ancora) Mayoral. Errori che non dovranno essere ripetuti. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero