Il gol non gli mancava per niente. Nooooo, e chi ci ha mai creduto? Non si sarebbe chiamato "centravanti", se il gol non gli mancasse e non gli fosse mancato. Al...
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Quando nel primo tempo si è gonfiata la rete, Edin ha esultato come se volesse dire "era ora". Era ora sì. Perché poi è più facile azzardare un colpo di tacco, riprovare una giocata complicata, perché intanto un gol lo hai fatto e quel gol ha aperto le strade alla vittoria della Roma. Poi si pensa a farne altri e si inseguono come il primo. Ma niente, la serata finisce lì. Si porta dentro il primo, quello che ha cominciato la vittoria. Come quello realizzato al Milan, l'ultimo in campionato prima del ritorno al gol con la Spal, che ha caricato la squadra e l'ha condotta al successo a San Siro. Il gol, un compagno di viaggio, che l'anno scorso lo ha scortato per 39 volte, e che ora lo ha assistito solo in 11 occasioni (otto in campionato e tre in Champions). La Roma non ha bisogno dei gol di Dzeko, perché anche quando Edin non ha segnato (Genoa a parte) la squadra ha portato comunque a casa i tre punti. La Roma ha bisogno di Dzeko, quello vero, quello che combatte, fa assist e si sente decisivo. Perché uno non sceglie di fare il centravanti come quello che insegue il posto fisso. Uno fa il centravanti per vocazione. E per il gol. La luce. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero