La Roma, dice Daniele De Rossi, è «un bene primario», e comincia ad esserlo pure la Nazionale, che una volta rischia di scappare, poi ritorna, poi ridiventa una...
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RECORD MERAVIGLIA
De Rossi non si ferma nemmeno in Nazionale, perché lui, come sempre ha detto, smetterà di andarci quando un ct deciderà di non chiamarlo più. E da Lippi in poi, per tredici stagioni azzurre, chiunque si sia seduto sulla panchina della Nazionale, ha sempre puntato sul romanista. Che a oggi è il giallorosso più presente in Nazionale (111 presenze), quello che ha segnato di più (20 gol) e quello che può ancora stupire: è a una presenza da Zoff, un vero e proprio mito per la storia dell’Italia, cinque dal suo amico Pirlo e quindici da Maldini, poi ci sono i teorici irraggiungibili Cannavaro con 136 presenze e Buffon 168. De Rossi si tiene stretto il suo score fatto di 39 presenze e 5 reti nelle amichevoli, 12 e una rete negli Europei, 8 e 1 ai Mondiale, 19 e 3 nelle qualificazioni Europee, 26 e 8 in quelle dei Mondiali, più sette presenze e due reti nelle Confederations Cup. Due espulsioni, una in Germania nel 2006 un’altra lo scorso anno contro la Bulgaria (a Palermo) durante la fase di qualificazione all’Europeo. Tra i primi venti nella classifica delle presenze non c’è un romanista (a parte Graziani), i miti giallorossi, Totti, 58 presenze, Conti e Giannini con 47. Perrotta ne ha 48. Però ormai l’azzurro per lui è la normalità. Difficile da abbandonare. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero