Branding. Basta una sola parola per spiegare cosa solletica l’interesse di un imprenditore tanto lontano dall’Italia e dal panorama calcistico a interessarsi...
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In confronto la piazza europea, almeno sotto la soglia delle “top ten” calcistiche in Inghilterra, Francia e Spagna, è quasi un mercato delle pulci per chi ha enormi capitali da investire. E anche se la contabilità della singola squadra non quadra e i conti finiscono in rosso, allo stesso tempo l’ingresso di capitale straniero rilancia il brand fuori dai confini nazionali ed europei, verso piazze di mercato che prima si raggiungevano a stento. Il brand della Roma ad esempio è cresciuto del 40% negli ultimi due anni, e il valore di facciata del marchio è salito dal 31° al 18° posto nella classifica annuale compilata dalla società di consulenza londinese Brand Finance tra le squadre di tutte le leghe calcistiche mondiali. Quello dell’Inter è raddoppiato con l’accesso del capitale cinese del gruppo Suning. Un imprenditore che guarda a queste cifre dagli Stati Uniti capisce che il potenziale di crescita di una squadra come la Roma è enorme, almeno per quanto riguarda lo sfruttamento dell’immagine.
POTENZIALE CRESCITA
E se da una parte l’ingresso nella Associazione Sportiva Roma vuol dire il coinvolgimento in un sistema complesso di cultura e di politica probabilmente alieno per un tycoon texano (californiano di nascita), sul piano della finanza nuda e cruda il linguaggio è quello ben conosciuto e scritto in dollari, di una Llc registrata nel generoso stato del Delawere. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero