Roma, a Fonseca servono i gol di Dzeko per il quarto posto

foto Gino Mancini
La cooperativa del gol non basta più. Negli scontri diretti, serve l’acuto del centravanti. Conte lo ha con Lukaku (17 reti in campionato, delle quali 4 a Lazio,...

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La cooperativa del gol non basta più. Negli scontri diretti, serve l’acuto del centravanti. Conte lo ha con Lukaku (17 reti in campionato, delle quali 4 a Lazio, Napoli e nei due derby), Pioli con Ibrahimovic (14 centri, di cui 2 al Napoli, 2 alla Roma e 2 all’Inter), Inzaghi grazie a Immobile (14 segnando a Milan e Roma), Gasperini addirittura ha l’imbarazzo della scelta tra Zapata (9 centri di cui 3 a Milan, Roma e Napoli) e Muriel (14 marcature con vittime illustri Roma e Napoli). Per non parlare di Pirlo con Ronaldo, abbonato ai gol pesanti. Delle 18 reti segnate in campionato, 3 sono state alla Roma, 1 alla Lazio, senza contare la doppietta risolutiva in semifinale di Coppa Italia contro l’Inter. All’appello manca il Napoli, non a caso settimo in classifica. Se tuttavia Gattuso ha la giustificazione di non aver avuto per oltre tre mesi Osimhen e Mertens, l’alibi nella Roma non tiene. Perché Dzeko e Mayoral, tolta l’indisposizione del bosniaco per il Covid, hanno giocato sempre. Magro tuttavia il loro bottino: 13 reti in due che, a conti fatti, arrivano a mala pena alla metà dei gol segnati singolarmente dai loro rivali. Fonseca è riuscito parzialmente ad aggirare il problema con centrocampisti e trequartisti. Il tandem Veretout-Mkhitaryan in campionato ha già segnato 18 reti (9 e 9), Pellegrini e Pedro (a lungo assente) 4 ciascuno. E ora, l’innesto di El Shaarawy promette altre segnature. Il problema però sussiste. Perché nei grandi match, è il centravanti che spesso e volentieri fa la differenza. Sinora a Edin è riuscito a Bergamo, in una gara poi persa, e nella partita d’andata contro il Milan, sfruttando una papera da Mai dire gol di Tatarusanu. Rendimento insufficiente soprattutto per come il bosniaco aveva abituato in passato. Edin nei suoi cinque anni a Roma non ha mai fatto sconti alle big del nostro torneo, segnando 4 reti al Napoli, 3 alla Lazio, 6 all’Atalanta, 5 al Milan, 2 a Juventus e Inter. Prerogativa che ha sempre avuto in carriera. Sia in Germania, quando militava nel Wolfsburg (4 gol al Bayern, 4 al Borussia Dortmund, 6 al Werner Brema, 8 allo Stoccarda) che in Inghilterra, vestendo la maglia del Manchester City (7 reti allo United, 6 al Tottenham, 4 al Liverpool). E anche Mayoral, nel suo piccolo, nella sua doppia esperienza al Levante ha segnato un gol sia al Real Madrid che al Barcellona.


L’ALTERNANZA

Parafrasando John Belushi, verrebbe quasi da affermare che ora che il gioco si fa duro, i centravanti inizino a giocare. Ed è quello che si attende Fonseca, giunto al bivio. Perché fino ad adesso, Paulo è riuscito a mascherare abbastanza bene - grazie all’andata contro il Braga - l’alternanza tra Mayoral e Dzeko, dopo il reintegro del bosniaco. Magari esagerando a livello di dichiarazioni, come quando ha affermato nel post-Benevento che nella Roma «non esistono titolari a prescindere». Mancini, Ibanez, Pellegrini, Mkhitaryan e Veretout lo sono. E lo era anche Dzeko, prima dell’eliminazione dalla Coppa Italia contro lo Spezia. Una spaccatura che, al di là delle frasi di circostanza, ancora non è stata sanata. Tra domani e domenica, Paulo sembra orientato a ripristinare le gerarchie: Mayoral titolare con il Braga, Dzeko con il Milan. Se così non accadesse, sarebbe difficile spiegare la scelta, che rischierebbe di venir etichettata come un risentimento personale visto che va in controtendenza con l’impiego del bosniaco sino al 19 gennaio. 

 

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Il Messaggero