Rizzoli manda in confusione la classe arbitrale (e non solo)

Rizzoli manda in confusione la classe arbitrale (e non solo)
Un grosso interrogativo serpeggia nella classe arbitrale. Lo ha generato Nicola Rizzoli, il designatore, che ha pubblicamente richiamato i suoi arbitria utilizzare maggiormente il...

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Un grosso interrogativo serpeggia nella classe arbitrale. Lo ha generato Nicola Rizzoli, il designatore, che ha pubblicamente richiamato i suoi arbitria utilizzare maggiormente il Var. Un imput che arriva con la stagione ormai al suo declino e con qualche verdetto che sembra ormai già scritto. Un imput che, però, suona strano e confusionario perché va in controtendenza con quanto gli arbitri di serie A avevano fatto nelle ultime settimane: ovvero, non intervenire quando ci sono dubbi. Che, sia chiaro, non sono i chiari ed evidenti errori richiamati dal protocollo, ma quegli episodi che i direttori di gara in mezzo al campo vedono a modo loro, che non sempre è quello corretto. Così, ieir Aureliano, il Var di Sampdoria-Napoli, richiama Valeri (a propopsito, sono 200 in A per il romano: complimenti) all’on field review sul gol del pareggio della Samp, poi annullato per un fallo di Keita su Ospina. Un “chiamata”, quella di Aureliano (poco convincente nel ruolo di varista) che è sembrata “eccessiva” .

Così come l’OFR di Chiffi in Verona-Lazio, chiamato ad annullare un gol a Caicedo, è fuori dalla logica degli standard recenti, ma pertinente dopo il richiamo di Rizzoli. Allora, viene da pensare che le cose sono due: o Rizzoli ha fatto dietro-front rispetto ad altre indicazioni (e che il suo mandato sia al capolinea); oppure, che gli arbitri di serie A sono in grande confusione e non riescono a capire bene da quale parte devono “pendere”. Ed è probabile che questo stato di confusione incida anche sulle prestazioni che vengono poi offerte in campo, anche se alcuni arbitri ci mettono tanto del loro carattere nel complicarsi la vita. Maresca, per esempio, è un direttore di gara che finisce sempre nell’occhio del ciclone, finendo per complicarsi da solo partite che sono facili da dirigere.

Sabato scorso, ha espulso Ibrahimovic per una frase, pronunciata dallo svede, che sarebbe stata male interpretata. In sostanza, un rosso che è sembrato incomprensbile a tanti (tutti?) e che non favorisce il processo (lento, molto lento) di crescita internazionale del napoletano, arrivato in Europa più per default (era l’ultima possibilità) che per reali meriti. E per fortuna che il Milan sia riuscito a vincere anche in 10 contro 11 per oltre mezz’ora, altrimenti apriti cielo.

 

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Il Messaggero