Rio 2016, Rossetti: lo skeet ha il colore dell'oro

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L'IMPRESA
dal nostro inviato

RIO DE JANEIRO Il primo pensiero è il più facile: chissà se papà Bruno sarà stato più contento nel vedere il suo Gabriele trionfare o più dispiaciuto per i suoi due allievi, Eric Delaunay e Anthony Terras, battuti proprio da Gabriele nello spareggio per entrare in finale. «Il mio cuore batte sempre per lui», taglia corto Rossetti senior e mette il punto esclamativo su una storia di sport, fatta di vittorie, rivincite e intrecci familiari. Va tutto in scena all'Olympic shooting centre di Deodoro dove Gabriele Rossetti firma la gara perfetta e vince una medaglia d'oro che solo venerdì sembrava irraggiungibile. La disciplina è lo skeet, specialità di quel tiro a volo che sta trascinando l'Italia nel medagliere olimpico. Cinque medaglie finora, due sono d'oro e tre d'argento. Quinto oro azzurro a Rio, su sedici medaglie complessive. E Gabriele che fa quasi il verso a Checco Zalone. «Siamo una squadra fortissima, piena di campioni. E' impressionante dice raggiante dopo l'incredibile impresa - Ieri hanno vinto le mamme, oggi un figlio», con riferimento alla doppietta Bacosi-Cainero di venerdì.
LA GIORNATA PERFETTA
Nella prima giornata aveva sbagliato quattro piattelli, scivolando al 13° posto. Poi, ieri, il capolavoro. Prima un 50 s 50 che lo ha portato allo spareggio. Poi 12 su 12 nel round che gli ha garantito l'accesso alla finale a sei (anche a scapito dei due francesi). Quindi prima un 16 su 16 per andare a giocarsi l'oro con Svensson e poi un altro 16 su 16 per lasciare l'argento allo svedese. In totale una striscia pazzesca di 94 centri consecutivi, senza alcun errore. «La vendetta è servita», pensano i più. E la mente va ancora alla storia di famiglia, indietro fino a Barcellona 1992, quando papà Bruno, nato a Troyes ma naturalizzato italiano, non riuscì a portare i colori azzurri oltre il gradino più basso del podio, in una gara che rimase a modo suo storica perché vinta da una donna, la cinese Zhang Shan. Era l'epoca delle gare miste individuali. «Sinceramente, però, non ho pensato a vendicare mio padre per il mancato oro di Barcellona ammette Gabriele - Ho solo cercato di concentrarmi e di sparare un piattello alla volta. Sono stato freddissimo, non ho mollato mai. Sto realizzando solo adesso che avremo una medaglia in più in casa». Eppure qualcosa al papà dovrà concederla. «Sparo da quando ho sette anni, mio padre mi è sempre stato vicino e la sua esperienza mi ha aiutato a crescere», spiega. Magari anche a uscire da momenti più duri, come il passaggio a vuoto nella prima fase. «All'inizio sono andato un po' in difficoltà su questo campo di gara che non è per niente facile dice Gabriele - Ero a metà classifica, sapevo di non poter più sbagliare. Ho pensato solo ad andare fino in fondo ed è andata bene. Bravura, fortunaci è voluto un po' di tutto».
AFFARI DI FAMIGLIA

Gabriele ha 21 anni, è nato a Firenze da genitori francesi e benché alla Francia conceda qualcosa, come la passione calcistica («Tifo per il Paris Saint Germain, ma non mi dispiace per l'addio di Ibra »), a cambiare bandiera non ci pensa minimamente. «Vincere con la Francia? Macché Il mio cuore è italiano al cento percento», dice. Con i transalpini solo fisiologici rapporti di affetto. «Negli spareggi ho sparato con loro, non contro di loro racconta - Siamo amici, li allena mio padre. Terras poi per me è come un fratello maggiore. Voglio condividere questa gioia anche con lui». Sul podio non ha morso la medaglia come fanno tutti, «preferisco baciarla» dice. E poi si descrive, con tanto di prova sul campo: «Sono uno che ama le sfide. Se trovate un pallone andiamo a giocare subito e vedete che alla fine vinco io».
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Il Messaggero