Quel podio dei 200 che piace tanto a Micheal Johnson e non a Sebastian Coe

Quel podio dei 200 che piace tanto a Micheal Johnson e non a Sebastian Coe
Il podio dei 200, venuto come sempre a scoppio ritardato il giorno dopo la gara mondiale, non deve essere piaciuto a Sebastian Coe e deve avere entusiasmato Michael Johnson. Il...

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Il podio dei 200, venuto come sempre a scoppio ritardato il giorno dopo la gara mondiale, non deve essere piaciuto a Sebastian Coe e deve avere entusiasmato Michael Johnson. Il Lord, che inneggia ai suoi mondiali in casa con editoriali sui giornali britannici, non si aspettava di dover premiare, per la gara regina, i 100 metri, un ex dopato come Justin Gatlin; anzi, desiderava la consacrazione fotografica di se stesso, con la messa al collo di Bolt dell’ultimo oro individuale. Né si aspettava, nei 200, di non dover vedere vincente il nuovo prediletto del Palazzo, il sudafricano Wayde Van Niekerk, e anzi di dover festeggiare, seppure da lontano, Ramil Gulyiev, un ventisettenne che quanto a immagine potrebbe essere il padre di se stesso, calvizie incipiente compresa.


Ramil era il primo turco finalista in una gara di velocità (100, 200 o staffette) ai mondiali di atletica in 16 edizioni, donne comprese. Il podio, invece, era la felicità di Michael Johnson. Non solo perché gli consentiva di restare ancora il solo uomo capace di vincere in una stessa edizione mondiale 200 e 400 (accadde a Goteborg 1995), ma anche perché un paio d’ore prima della finale dei 200 aveva messo in rete un tweet-pensiero: tutti guardano ai campioni, io vi dico guardate Gulyiev e Richards. Primo e terzo, per l’appunto. E il giovane Richards con una bella ipoteca sul futuro.
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Il Messaggero