La vicenda della cessione di Fabio Quagliarella dal Napoli alla Juventus al centro di accuse di camorra, sesso e pedofilia contenute in lettere anonime. È la chiave di...
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Quagliarella, assistito dall'avvocato Gennaro Bartolino, ha deposto (insieme al padre e a un commerciante) in qualità di parte lesa. Davanti al giudice Ernesto Anastasio ha ripercorso quei momenti: oltre alle lettere ha parlato di messaggi sul suo telefonino e su quelli del padre e dell'allora fidanzata. L'interrogatorio è durato poco più di un'ora e mezza. Il giocatore ha detto di essere stato sotto «pressione» per quattro anni: «Ho conosciuto Piccolo - ha raccontato - nel 2006. Si diceva capace di risolvermi i problemi al telefonino e al mio contatto di Messanger, la cui password era finita in mani sbagliate. In cambio mi chiedeva autografi, foto e magliette. Richieste diventate sempre più pressanti: gli avrò dato almeno venti magliette. Quindi sono iniziate le lettere nelle quali venivo accusato di essere camorrista, di partecipare a orge e di essere pedofilo. Minacce giunte anche a mio padre e alla mia fidanzata dell'epoca».
In un caso, Quagliarella ha raccontato che a casa del padre è giunta anche «una fotocopia con una bara e la mia foto sopra». Sulla cessione alla Juve ha aggiunto: «All'inizio della mia avventura al Napoli il presidente De Laurentiis mi chiamava ogni giorno, poi improvvisamente non solo ha smesso di contattarmi ma è arrivato a chiedere che mi trasferissi al centro sportivo di Castel Volturno (dove si allenano i giocatori azzurri). Una richiesta strana, visto anche che due miei compagni, Iezzo e Vitale, vivevano nella mia città natale, Castellammare di Stabia. Quindi il trasferimento alla Juve, cosa di cui non si era mai parlato prima». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero