C'è una fascia che imprigiona la fantasia

C'è una fascia che imprigiona la fantasia
Altro che graziati. Andrebbero ringraziati. De Rossi e il Papu, Gomez. Gli unici due capitani che hanno avuto voglia di ribellarsi alla più grottesca delle riforme del...

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Altro che graziati. Andrebbero ringraziati. De Rossi e il Papu, Gomez. Gli unici due capitani che hanno avuto voglia di ribellarsi alla più grottesca delle riforme del calcio italiano: la normalizzazione della fascia. Anzi, la sua unificazione. Ribellarsi poi, anche no, non esageriamo. Semplicemente non l’hanno presa sul serio. Vai avanti tu che mi scappa da ridere…

ISPIRAZIONE PREMIER
«Una decisione ispirata da quanto accade in Premier League». Così è stata motivata dalle parti della Lega, quella di Serie A. Ok. Ditegli di sì. Siamo in ritardo di anni luce rispetto alla Premier League, che certo deve essere un esempio, e allora che cosa imitiamo? I provvedimenti per prevenire la violenza e combattere gli hooligans? La pacificazione delle curve? Gli impianti sempre ristrutturati e rinnovati, comodi e sicuri? Gli incentivi a riempire gli stadi? I terreni di gioco curati e sempre verdi? Le partite che cominciano in perfetto orario? L’intensità e la qualità del gioco? Macché: dobbiamo dire basta all’anarchia dei capitani, la fascia deve essere uguale per tutti. 
UN CALCIO ALLA TRADIZIONE
Scopiazzata l’idea, dando un bel calcio alle tradizioni, che sono diverse da Paese a Paese: da loro è sempre stato così, da noi ormai sono decenni che le fasce vengono personalizzate. Scopiazzato anche il modello: la scritta capitano in maiuscolo, su fondo bianco, imbruttita però, non ci facciamo mancare niente, dal nuovo logo del campionato, quell’inguardabile scarabocchio colorato, via di mezzo fra la mascotte del dimenticabile Mondiale di Italia 90 e l’omino con i baffi di un vecchio Carosello televisivo, che da questa stagione ad ogni replay irrompe fastidiosamente nel bel mezzo dei nostri teleschermi.

E’ vietata, severamente vietata la fantasia dei calciatori, la loro voglia di lasciare un segno, un messaggio, una dedica, un ricordo, magari diversi da partita a partita. Quelle tracce di umanità, che ormai si ritrovano con grande difficoltà in un calcio sempre più nelle mani di sponsor e tv, sono indigeste alla Lega del supermanager Micciché. Abbastanza inspiegabilmente, visto che da questa decisione non si ottiene un solo euro di ricavi in più… C’è di buono che il calcio italiano è da sempre incapace di far rispettare le sue regole. Anche Gomez e De Rossi lo sanno.  Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero