Una decisione dei giudici della F1 ha tolto la vittoria a Vettel e alla Ferrari e lascerà uno strascico di polemiche che farà discutere a lungo. È come un...
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ESAGERAZIONE
Con esagerata sicurezza i tre giudici della Fia (fra cui c’è l’ex pilota Endurance, Emanuele Pirro) hanno emesso un verdetto di colpevolezza. Secondo loro Vettel l’ha fatto apposta creando una situazione di pericolo. Vettel dice invece che non aveva alternativa: «Stavo cercando di tenere il controllo della macchina in pista, avevo le gomme sporche d’erba: non potevo fare altro». Hamilton ha invece replicato: «Questa è la sua opinione, ma quando un pilota ritorna in pista deve cercare di farlo in sicurezza». Ora, è vero che la regola c‘è, ma è nell’istinto dei piloti quando commettono un lieve errore o un “lungo” cercare di non agevolare il rivale che li sta incalzando. Succede così da cent’anni nelle corse. Quel che è certo è che la Fia è stata troppo precipitosa nell’emettere la sentenza durante la gara attribuendo 5” di penalità a Vettel senza aspettare la fine corsa e ascoltare dalla viva voce del pilota le sue ragioni, le sue spiegazioni e le sue motivazioni. In fondo è come fare un processo e condannare l’imputato senza dargli la possibilità di dare la propria opinione. Quanto queste situazioni siano delicate e sul filo dell’interpretazione, lo dà un particolare: nel 2016, al GP di Montecarlo, ci fu un episodio analogo con Hamilton nella parte dello “scorretto”: Lewis, in testa alla gara (come Vettel ieri) incalzato da Ricciardo, sbagliò la curva della chicane del porto e andò dritto, ma rientrando in pista ostruì allo stesso modo Ricciardo, costretto a rallentare. Hamilton non subì alcuna penalità.
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Il Messaggero