Un gesto di stizza, a volte di insofferenza o di delusione, di adrenalina fuori controllo o di maleducazione pura, la tv immortala spesso scene come quella di ieri in...
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In azzurro, l'ultima esclusione prima di Pellè era stata quella di Osvaldo: allora alla Roma, disertò la cerimonia di consegna di Coppa Italia dopo la finale persa con la Lazio e Prandelli lo escluse dalla lista della Confederation. Fu l'addio all'azzurro. Balotelli invece tornò a casa nel novembre 2014 dal ritiro milanese: ufficialmente per un lieve infortunio, di fatto perchè il ct Conte aveva capito che la voglia di lavorare era poca. E anche quella fu la fine sulla storia azzurra, almeno sotto il ct dell'ultimo biennio. Nella Fiorentina di Trapattoni fecero scalpore le follie di Edmundo, che una volta mandò platealmente a quel paese, e prese a male parole, il tecnico che lo aveva sostituito nella partita contro la Roma. In casa Inter si ricordano vari casi di intemperanza: la maglietta scagliata dopo una sostituzione dal nigeriano Taribo West contro l'allora allenatore Lucescu, mentre Balotelli ha fatto lo stesso gesto dopo Inter-Barcellona, però per protesta col suo pubblico. Christian Vieri una volta, avendo fiutato aria di panchina, lasciò il ritiro spiegando che nella sua stanza faceva troppo caldo.
Un paio d'anni fa in Roma-Inter accadde di tutto: Chivu andò a lamentarsi col tecnico Benitez, minacciando con gesti plateali di lasciare il campo; Adriano si rifiutò di entrare a 5 minuti dalla fine; Totti non gradì il cambio e se ne andò negli spogliatoi, senza nemmeno consegnare la fascia di capitano. Esiste poi la categoria insulti: come quelli rivolti nel '97 a Eriksson da Signori in un Rapid Vienna-Lazio di Uefa, per non parlare delle scaramucce e dei rifiuti di Panucci con Lippi, Capello e Spalletti. In casa Roma si ricorda il vaffa di Montella a Capello nell'anno dello scudetto, quando il n.9 scagliò una bottiglietta contro il suo allenatore, che lo aveva fatto giocare appena 7 minuti contro il Napoli. Ma c'è un tempo per tutto, e le persone poi cambiano: Neymar, ai tempi del Santos, a 18 anni, insultò l'allenatore che non gli aveva fatto battere un rigore.
Il Messaggero