Roma, Pallotta se ne va in perdita e Friedkin parte già in “rosso”

Roma, Pallotta se ne va in perdita e Friedkin parte già in “rosso”
«Con la Lazio prima in classifica e i conti che lascia Pallotta, non ci resta che sperare in Friedkin». È il refrain andato in scena ieri nel tardo pomeriggio...

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«Con la Lazio prima in classifica e i conti che lascia Pallotta, non ci resta che sperare in Friedkin». È il refrain andato in scena ieri nel tardo pomeriggio sia sui social che nelle radio locali, stella polare dell’umore dei tifosi romanisti. In effetti, aspettando ad ore l’ufficialità del passaggio di proprietà (ultimata tra le parti la stesura dei contratti, è in atto la revisione degli stessi prima della firma degli accordi preliminari) la semestrale che chiude l’era Pallotta mette in mostra numerose situazioni di criticità che toccherà a Friedkin fronteggiare. E questo nonostante l’imprenditore bostoniano abbia versato - oltre ai 50 milioni di liquidità addizionale iscritti a livello contabile - altre due tranche in conto capitale di 600mila euro a gennaio e 9,4 milioni a febbraio (citate ma non contabilizzate nella semestrale) più una terza (non presente ma già effettuata) di altri 20 milioni che fa sì che il residuo dell’aumento di capitale che dovrà coprire il nuovo proprietario sarà di 70 milioni. 

I NUMERI NEGATIVI
Uno dei dati sorprendenti è certamente il passivo di quasi 87 milioni di euro (86,966) che renderà improbo il compito di rispettare il Fair Play Finanziario (c’è da sperare nella ‘scorciatoia’ del Voluntary agreement, anche se almeno per ora la Roma non ha i requisiti per richiederlo): in precedenza il peggior bilancio dopo 6 mesi era stato quello del 2016-17, quando Spalletti venne eliminato nel preliminare di Champions dal Porto, chiuso a - 42 milioni. Un anno fa invece di questi tempi si segnava addirittura un segno positivo di +1,669. Un passivo su cui pesano i cali dei ricavi complessivi (diminuiti da 134,814 a 84,641, con un - 40,173 dovuto ai mancati introiti da botteghino e diritti tv) a cui non ha fatto fronte uno stesso calo dei costi (da 136,074 a 123,907, con appena un -12,167). Un crollo dovuto a due fattori: 1) In primis alla mancanza delle entrate della Champions. Lo scorso anno erano 53,3 milioni mentre l’Europa League ne ha garantiti sinora 15,4 2) Il drastico calo delle plusvalenze realizzate con la vendita dei calciatori da parte del nuovo ds Petrachi. Nei conti dei primi 6 mesi, figurano soltanto i 19 milioni legati alle cessioni di El Shaarawy, Marcano e Gerson contro i 76 del 2018-19. 
IL CONTRATTO DI KOLAROV

In crescita anche l’indebitamento finanziario netto che è passato dai 220,6 della scorsa stagione agli attuali 264,4 milioni di euro e su cui grava il bond da 275 milioni lanciato lo scorso agosto e con scadenza primo agosto 2024, ad un tasso di interesse del 5,125%. Un quadro preoccupante anche perché la seconda parte di stagione - al netto di introiti extra quali nuove sponsorizzazioni o vittoria dell’Europa League - potrebbe far lievitare il passivo al 30 di giugno intorno ai -110 milioni. In questo contesto precario, non mancano nemmeno le sorprese. Su tutte, si scopre come sul contratto sottoscritto da Kolarov (che a novembre festeggerà 35 anni) per il rinnovo sino al 2021, ci sia anche l’opzione (al raggiungimento di determinati risultati sportivi) per estenderlo sino al 2022.  Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero