Il pallone d'Europa si tinge di giallo: sono già 28 i club con quote in mano ai cinesi

Il pallone d'Europa si tinge di giallo: sono già 28 i club con quote in mano ai cinesi
Più che un'invasione di capitali cinesi, è una colonizzazione: con il Southampton di Gao Jisheng sono 28 le società europee con quote in mano agli...

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Più che un'invasione di capitali cinesi, è una colonizzazione: con il Southampton di Gao Jisheng sono 28 le società europee con quote in mano agli investitori asiatici. E il fenomeno è destinato a crescere, almeno nel breve periodo. Perché se prima gli imprenditori cinesi puntavano soprattutto all'acquisizione dei giocatori di livello internazionale, da alcuni anni a Pechino e Nanchino si sono focalizzati sugli ingressi nelle società, a causa anche delle limitazioni delle rose della Chinese Super League. Milan, Inter e Parma sono le tre società italiane ad aver usufruito delle risorse economiche provenienti dall'estremo Oriente. Il primo, ceduto a Yonghong Li, ha interpretato il ruolo del Psg di turno in questo calciomercato, investendo oltre 200 milioni di euro. I cugini nerazzurri del Gruppo Suning hanno risposto con acquisizioni più oculate, con l'obiettivo dichiarato, però, di costruire un progetto allargato ed ambizioso. La mappa del calcio europeo si è pertanto modificata così come sono stati alterati i poteri d'acquisto: basta ricordare che il nuovo Southampton, ingaggiato Lemina per 18 milioni, ne ha offerti 15 per Hoedt (Lazio). Ed è proprio in Inghilterra che si sono concentrati gli sforzi maggiori degli azionisti cinesi: oltre ai Saints, ci sono il Birmingham City (100%), il West Bromwich Albion (100%), il Wolverhampton (100%), l'Aston Villa (100%) e il Manchester City (13%) ad aver accolto gli imprenditori asiatici. Anche in Spagna e in Francia (nello specifico Auxerre, Nizza, Lione e Sochaux) si parla cinese. Per esempio il Wanda Group ha il 20% delle quote dell'Atletico Madrid, mentre il Granada è stato venduto dai Pozzo lo scorso anno alla Desport (lo stesso gruppo che ha acquisito il Parma) per 37 milioni. Ma non tutti in Cina vedono di buon occhio questa cascata di denaro nel calcio, tanto che nel lungo termine potrebbe esserci un cambio di rotta.


L'ESPERTO

Ne è convinto Oberto Petricca, avvocato ed esperto di calciomercato asiatico: «Questo fenomeno, che fa parte della campagna degli investimenti all'estero prevista dall'amministrazione pubblica cinese, inciderà ancora per alcuni anni. Ma il calcio è solo uno dei settori, quasi marginale, e ultimamente c'è qualche dubbio da parte dell'opinione pubblica cinese: si ritengono a rischio gli investimeni nel calcio rispetto a quelli nel settore dell'edilizia e immobiliare. Le autorità sono attente all'orientamento del pubblico e per questo potrebbero arrivare dei disincentivi. Non a caso, il salary cap è stato introdotto dopo le critiche dei ceti sociali medio bassi allo stipendio di Tevez da 38 milioni a stagione. Milan e Inter hanno scelto questa strada, ma gli investimenti del calcio sono legati ai risultati, e potrebbe esserci un'inversione di tendenza. Spesso le proprietà cinesi non sono preparate a gestire le società di calcio. Suning sì, è in grado perché aveva fatto già calcio, ma ci sono gruppi che a volte si affidano a dei manager non sempre scelti bene. I cinesi portano soldi, ma non tradizione ed organizzazione. Al momento non vedo grandi miglioramenti. Ad esempio, in Spagna non hanno fatto grandi cose e non mi riferisco solo ai risultati sportivi: mancano gli investimenti nel settore giovanile». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero