Ovrebo, ecco il mea culpa: «Quanti errori in quel Chelsea-Barça»

Ovrebo, ecco il mea culpa: «Quanti errori in quel Chelsea-Barça»
Nove anni dopo la notte del 6 maggio 2009, l'arbitro Tom Henning...

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Nove anni dopo la notte del 6 maggio 2009, l'arbitro Tom Henning Ovrebo fa 'mea culpà per la pessima direzione di Chelsea-Barcellona, semifinale di Champions, terminata 1-1 e costata l'eliminazione ai Blues dopo lo 0-0 del Camp Nou. Una partita passata alla storia per gli evidenti errori del fischietto norvegese che oggi, in un'intervista a Marca, ritorna su quella folle serata a Stamford Bridge: «Non è stato certo il mio giorno migliore, davvero - riconosce - Ma questi errori possono essere commessi da un arbitro, così come da un giocatore o da un allenatore. Comunque, non posso essere orgoglioso di quella serata. Ci sono stati diversi errori, ognuno avrà la loro opinione su quegli episodi. Ma, ripeto, gli errori fanno parte del gioco, solo che se li commettono i giocatori o gli allenatori non succede niente. Posso dire di essere contento di aver avuto una lunga carriera e di essere stato nell'elite europea, mi spiace solo che la mia carriera venga ricordata solo per quella partita», aggiunge il fischietto norvegese che negò almeno tre rigori ai Blues e non espulse Ballack e Drogba che protestarono con rabbia, arrivandogli quasi addosso. «Dopo la partita non ho parlato con nessun calciatore - ricorda ancora Ovrebo, che oggi è uscito dal mondo arbitrale - Ho lasciato il campo con dignità, sono andato negli spogliatoi, anche se quella sera abbiamo dovuto cambiare hotel, perchè c'erano molte persone ostili nei nostri confronti». Ovrebo fa sapere anche di aver ricevuto, dopo quella direzione folle, minacce di morte: «Al momento, sì. Ora tutto è tutto passato. Fino al 2012, la vicenda è rimasta calda, poi è scemata - dice - Certo, adesso dopo questa intervista qualcuno potrebbe ricordarsi di me, ma non ho problemi, ho riconosciuto i miei errori», conclude Ovrebo che si ritirò nel 2010, con un anno di anticipo rispetto alla classica soglia di 45 anni, per un infortunio al ginocchio ma anche e soprattutto per non essere stato chiamato per la Coppa del Mondo in Sudafrica: «Purtroppo quella serata storta ha influenzato la mia carriera, perdendo anche il rispetto di molti».

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Il Messaggero