Olimpiadi, via alla rivoluzione sessuale: gli atleti transgender potranno gareggiare senza intervento chirurgico

Caster Semenya
Rivoluzione di genere alle Olimpiadi. È stata infatti discussa, e verrà con molta probabilità approvata il prima possibile dal Comitato olimpico...

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Rivoluzione di genere alle Olimpiadi. È stata infatti discussa, e verrà con molta probabilità approvata il prima possibile dal Comitato olimpico internazionale, una nuova legge che regola la spinosa questione degli atleti transgender. Secondo le intenzioni dei promotori, dunque, il provvedimento potrebbe diventare realtà già a partire dai prossimi Giochi in programma a Rio nell’estate del 2016.


Secondo la nuova disposizone, sarà possibile gareggiare tra le donne, se originariamente uomo, e viceversa, senza doversi sottoporre preventivamente ad un intervento chirurgico di riassegnazione del sesso, come invece era previsto finora.

Le linee guida del Cio vogliono riempire un vuoto normativo, visto che in molti casi le singole federazioni non hanno una legge in materia. Quelle precedenti risalivano al 2003 e prevedevano come condizione necessaria per poter partecipare alle Olimpiadi e a qualsiasi altra competizione sportiva l’operazione chirurgica dell’atleta, seguita da almeno due anni di terapia ormonale, come certificazione dell’essere uomo o donna. D’ora in poi conterà soltanto il livello di testosterone, scelto come indicatore che dirà in quale categoria di genere gareggerà lo sportivo.

In altre parole, per essere considerati donna non si dovranno superare per un anno intero i 10 nanogrammi per litro di sangue. Tale livello dovrà però essere raggiunto almeno entro un anno dall’evento sportivo a cui si intende partecipare. Siamo dunque davanti ad una vera e propria rivoluzione sessuale, e la notizia arriva in un momento in cui il tema è molto caldo soprattutto in Italia, alle prese con le manifestazioni civili sulla parità dei diritti delle coppie omosessuali.

Il cambio di direzione si è reso necessario dopo che alcuni casi di iperandroginismo, come quello della velocista indiana Dutee Chand, avevano generato dei dubbi sulla categoria di appartenenza di alcuni atleti. Prima ancora aveva fatto discutere il caso di Caster Semenya: campionessa del mondo degli 800 metri al Mondiale del 2009 e argento olimpico a Londra, nata con ormoni sia maschili che femminili, aveva generato una vero e proprio scadalo per l’atletica internazionale, che in mancanza di una legge in materia l’ha fermata per un anno.


Ancora, la martellista Keelin Godsey e il triatleta Chris Mosir, che ha gareggiato con le donne ma poi si è dichiarato transgender, da anni si battono per far valere i propri diritti. Quest’ultimo in particolare è in attesa di un permesso per partecipare ai Mondiali di giugno.   Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero