Il sesso ai tempi delle Olimpiadi: un argomento particolarmente spinoso, soprattutto se a praticarlo è la metà omosessuale del cielo. Lo ha imparato a proprie spese...
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IL RESOCONTO
Il pezzo incriminato raccontava infatti di un tripudio di appuntamenti gay ottenuti attraverso Grindr, famoso network di incontri omosessuali: addirittura tre in un'ora, tutti con atleti in gara. Hines, che si definisce «eterosessuale e sposato», ha descritto con dovizia di particolari nazionalità, disciplina sportiva e particolari fisici degli olimpionici in questione, tanto da renderli facilmente identificabili anche senza fare nomi e cognomi. Un bel problema se si considera che, dei 10.500 atleti presenti a Rio, meno di una cinquantina hanno fatto pubblicamente coming out e che molti provengono da paesi in cui l'omosessualità è reato.
INDIGNATI
«Una storia deplorevole» secondo Amini Fonua, nuotatore dichiaratamente gay originario del Tonga, dove la sodomia è ancora considerata un crimine. Robert Drechsel, a lungo direttore del centro per l'Etica nel giornalismo dell'Università del Wisconsin, ha descritto il reportage come «sconsiderato e insensibile». Meno politicamente corretto il commento di Dan Savage, giornalista e popolare difensore dei diritti LGBT: «Hines con il suo articolo farà uccidere qualche ragazzo gay», ha cinguettato su Twitter. Pioggia di critiche sui social, dove «criminale» è l'epiteto più gentile che sia stato indirizzato al giornalista del Daily Beast: il web, si sa, non perdona, e a nulla sono servite le giustificazioni di Hines, il quale ha comunque precisato di «non aver mai finto» di essere ciò che non era e di aver «sempre dichiarato di fare il reporter quando veniva chiesto». John Avlon, direttore del Daily, ha tentato di recuperare in extremis rimuovendo dall'articolo i particolari che avrebbero permesso di riconoscere gli atleti e spiegando che l'intento di Hines non era né giudicare né tantomeno beffarsi di qualcuno.
Non è bastato: per la prima volta il sito ha dovuto prendere misure radicali e cancellare del tutto il reportage, scusandosi con i lettori. «Non lo facciamo alla leggera ha poi scritto il direttore in una nota comparsa al posto dell'articolo Si tratta di un passo senza precedenti ma necessario: pensavamo bastasse rimuovere i dettagli ma avevamo torto. Faremo meglio la prossima volta».
Il sesso alle Olimpiadi non è certo un argomento tabù, non per niente il Comitato olimpico ha distribuito all'inizio dell'edizione 2016 dei Giochi un quantitativo abnorme di preservativi: precisamente 450mila, 42 camisinhas (così le chiamano in slang brasiliano) per atleta. Complice la minaccia del virus Zika, l'attenzione alla prevenzione è stata molto alta, così come la consapevolezza che gli atleti non pensano solo a gareggiare. Nel 2012, durante le Olimpiadi di Londra, Grindr andò addirittura in crash, contribuendo a far apparire i Giochi come una sorta di Woodstock in versione sportiva. Tutto ciò appare però sotto un'altra luce se si considera che, secondo gli ultimi report, sono 73 gli Stati in cui i contatti tra membri dello stesso sesso sono illegali e 13 quelli in cui per l'omosessualità è ancora in vigore la pena di morte.
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Il Messaggero