ROMA Inter, Manchester City, Milan, Liverpool, di nuovo Milan, ormai pare certo. Quanti giocatori hanno avuto l'opportunità di essere chiamati da così tante squadre così...
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CI RISIAMO
Balotelli un'altra volta al Milan. La mela marcia che Berlusconi non avrebbe voluto per evitare che infettasse l'intero spogliatoio. Un giudizio, fra l'altro, mai modificato, nonostante i noti sbalzi d'umore dell'ex cavaliere. «Vi ricordo che è stato preso contro il mio parere» ebbe modo di dire anche dopo che Balotelli aveva aiutato, eccome, il Milan a conquistare nel 2012 la sua ultima qualificazione in Champions. E ancora: «L'importante è che tu non faccia il Balotelli», il suggerimento del patron rossonero a Destro appena arrivato a Milanello. Come fosse la causa di tutti i mali. E invece rieccolo. «Certi amori non finiscono», il ritornello della canzone preferita da Galliani, nonostante i grandi ritorni al Milan siano stati tutti un mezzo disastro. E allora perché? Un favore a Raiola? Come se ne avesse bisogno, gli va sempre bene (a suo modo è un genio e Balotelli senza di lui non esisterebbe più). Un puntiglio di Mihajlovic? Forse sì, ambizioso com'è, gli piacerebbe passare alla storia come l'allenatore che l'ha resuscitato. In ogni caso, i dubbi sono tanti. Forse sarebbe stato meglio provare a rinascere lontano dall'Italia, o comunque in una squadra meno esposta. Poi uno incappa nel tweet di Salvini - «Balotelli di nuovo al Milan? No grazie. Caro Mario da milanista rimani dove sei» - e cambia subito idea: questo ritorno forse è invece la prova che viviamo in un Paese migliore, nel quale tutti hanno una seconda, magari anche una terza e una quarta chance, nel quale l'integrazione non è soltanto uno slogan propagandistico. Forse. L'importante è crederci. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero