Pereira, quel vice di Villas Boas che studia Sacchi e legge Coelho e Pessoa

Pereira, quel vice di Villas Boas che studia Sacchi e legge Coelho e Pessoa
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 Estroverso, ma semplice. Maniacale, studioso del calcio e sempre in giro con foglietti di ogni genere per scrivere, aggiornarsi e ricordare. Un rivoluzionario, uno che si ispira a Cruijff e Sacchi, ama Coelho e Pessoa, il portoghese Vitor Pereira. Ha delle idee ben precise sul suo calcio, offensivo ma non spregiudicato, e le porta avanti senza timore, convinto che i suoi giocatori lo seguano senza batter ciglio. Dopo Sarri, ci sarebbe proprio lui nella testa di Lotito e Tare. E’ spuntato dal nulla, ma nell’ambiente del pallone è un allenatore, rispettato e stimato, tanto che Pep Guardiola, ai tempi del Bayern Monaco, non negò che aveva cambiato e migliorato alcune situazioni della fase difensiva grazie a un suggerimento che gli diede Vitor. Era il 2014 e, durante una seduta d’allenamento, il portoghese, senza alcuna paura, richiamò l’attenzione del Guru di Barcellona, consigliandogli alcuni spostamenti nel movimento della palla in uscita. Magari altri l’avrebbero mandato a quel paese, non Guardiola che, anzi, ringraziò. 


LA FILOSOFIA 

Pereira ha cominciato col 433 al Porto, dove nel biennio 2011-2013, vinse per due anni consecutivi scudetto e coppa nazionale. Ama la qualità, i giocatori bravi e far girare la palla, ma in maniera veloce per attaccare e sorprendere. Vuole che tutta la squadra partecipi in entrambe le fasi. Un calcio dispendioso, ma spettacolare. Idee di base che il tecnico portoghese rivede e aggiorna. Ha la battuta pronta e non disdegna la polemica tattica, come quando a febbraio battibeccò con Conceiçao perché riteneva il suo gioco troppo difensivo. Sergio non la prese benissimo e rispose a tono. Ha lavorato nelle giovanili del Porto quando Mourinho era il primo allenatore, poi divenne il vice dello Special Two, Vilas Boas, e prese il suo posto come primo tecnico nel 2011. Due anni ala guida della squadra biancoblu e poi, nonostante lo cercassero in Inghilterra, in Spagna e Italia (l’Inter), la pazzia di andare all’Al-Ahli, ma dopo una sola stagione dovette pagare di tasca sua, pare un milione di euro, per andarsene e volare in Grecia all’Olympiacos, dove vince lo scudetto con dodici punti di vantaggio sul Panatinaikos. Ma anche lì, dopo un anno via per andare in Turchia al Fenerbaceh. Dodici mesi dopo, la fuga in Germania al Monaco 1860, ma non andò bene. Una sola stagione, la retrocessione e quindi la Cina dove resta per tre anni a 12 milioni di euro a stagione. Ora la voglia di rientrare nel calcio che conta, quello europeo. 

 

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Il Messaggero