Niki Lauda forse non faceva volare la fantasia. Lauda si faceva ammirare. E quanto! Niki Lauda non faceva volare la fantasia come dopo di lui avrebbe fatto, al volante della Rossa...
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L'uomo che visse due volte (e tre volte vinse il mondiale di Formula Uno) dicono ora che è morto a 70 anni, peacefully, tranquillamente, hanno detto i suoi cari, in realtà ne visse di più in quel corpo martoriato e pieno di pezzi d'amore, i due reni, uno del fratello e uno della moglie, i polmoni trapiantati dopo che i suoi erano rimasti bruciati e avvelenati per sempre dai fumi del Nurburgring. Ecco quale era il carattere che ne ha forse fatto la leggenda: c'è chi ha vinto di più, certamente, in pista e nella vita, ma non c'è chi s'è arreso meno di lui che non l'ha fatto mai. E andando incontro a tutto, una frenata più lunga, togliere il piede dopo, ma senza l'incoscienza sublime che fa l'Eroe, sportivo e no.
Lauda spingeva il piede e la vita fin dove sapeva di poterli spingere: un piccolo tratto più in là degli altri, perché sapeva che non bisognava smettere prima né andare oltre. Era uno di quelli che al volante o a piedi se la sbrigano con una sola e fondamentale regola: non mollare mai. Lo sapeva da sempre, da quando per pagarsi il posto alla guida, stipulò una polizza sulla vita e la dette in pegno per ottenere il prestito bancario necessario. Lo seppe quando, il primo giorno in Ferrari, disse che la macchina era una m e gli fu suggerito: «Non dirlo al Drake, digli solo che non va bene». Sapeva di doverlo fare quando riportò il titolo dei piloti e quello dei costruttori a Maranello, dove non erano più abituati. E quando il Vecchio gli dette del Giuda che s'era venduto per trenta salami quando cambiò macchina. Perfino nel ritiro («sono stanco di girare in tondo», disse) e nel ritorno mondiale c'era quella regola.
E quando lasciò il volante per la cloche di un aereo e per la compagnia che fondò. E quando tornò al Motorhome della Mercedes portando con sé, dicono, Lewis Hamilton. Che al nome Lauda non ebbe più niente da opporre o ridire.
Era questo, probabilmente, Andreas Nikolaus Lauda, nato il 22 febbraio 1949 a Vienna, una dentatura da coniglio, un eterno berretto (sponsorizzato: l'uomo non ha mai perso la lucidità dell'affare) a coprire le ustioni che ne avevano massacrato la chioma e il volto e l'orecchio destro, 171 gran premi e 25 vittorie. Un giorno disse: «Mollare è un qualcosa che un Lauda non fa». Anche se muore, non muore mai nella leggenda che ha vissuto e fatto vivere.
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Il Messaggero