Nazionale, il processo di ricambio di Mancini ha riportato l'entusiasmo

Foto Tedeschi
Tanta voglia di Azzurro: a soli 12 mesi dal flop dei Mondiali mancati,...

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Tanta voglia di Azzurro: a soli 12 mesi dal flop dei Mondiali mancati, la Nazionale riaccende entusiasmi e speranze. In attesa di ritrovare il gol e qualche vittoria ricostituente, il primo risultato forse il più difficile tra diffidenze e scetticismi fin qui meritati è uno stadio pieno, caloroso, nonostante la vittoria sfumata contro il Portogallo e i sogni di gloria per ora riposti nel cassetto. Ci è sfuggita la Final four della Nations League, ma abbiamo evitato la retrocessione in Serie B toccata alla Germania e alla Croazia vice campione del mondo. Non è facile riempire San Siro, scottato dal tristissimo pareggio contro la Svezia che ci ha trasformati da protagonisti in telespettatori di Russia 2018. Va dato atto a Mancini di aver saputo ricaricare le batterie della passione per la Nazionale. Con realismo (fuori Balotelli), ma con il coraggio di scommettere, accelerando quel processo di ricambio imposto dall'anagrafe. E ha fatto bene il neo presidente della Figc Gravina a tagliare subito la strada a trappole e malizie: «Non l'ho scelto io, ma Mancini è il mio allenatore», ha detto davanti alle prime batterie di taccuini e microfoni. Sarebbe però ingenuo e controproducente fermarsi qui. C'è da fare nei prossimi mesi il pezzo di strada più ripido, dove occorrono scarpe chiodate e un capo cordata con i nervi saldi. Non mancano al ct azzurro esperienza di campo, standing internazionale e conoscenze tecniche, insieme a una dote fondamentale in tempi di internet e dittatura tv: Mancini è anche un ottimo allenatore di giornalisti, e non guasta. In caso di sos bussate pure alla generosità e alla serietà di De Rossi, Chiellini, Bonucci e altri senatori azzurri, ma questa Nazionale deve guardare a Euro 2020 con il coraggio che la gente sa apprezzare. E allora avanti con Immobile, Insigne, Florenzi, Verratti, Donnarumma, ma investendo sui vari Barella, Pellegrini, Chiesa, Cragno, Cutrone, Kean, Zaniolo e sul baby Tonali, a patto di non bruciarlo battezzandolo fino d'ora il nuovo Pirlo.
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Il Messaggero