Una cosa è certa: non sarebbe un inedito. Perché chi ama...
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Oggi José, alla vigilia del match contro l'Empoli, presumibilmente dribblerà la questione, indirizzando l'attenzione dei presenti al delicato match contro i toscani. Del resto, senza esprimersi pubblicamente, ha già ottenuto che in qualche modo se ne parlasse. Ora la palla passa alla proprietà americana. Che in questi tre anni ha dimostrato di avere un'idea precisa su come strutturare e organizzare la società e soprattutto non ama essere tirata per la giacca. Della serie: si ascoltano tutti ma a decidere poi sono loro, i Friedkin. E basta guardare la Roma di oggi per rendersene conto. Quello giallorosso è diventato ormai un club diverso da quello che era con Pallotta, con i Sensi o la famiglia Viola. Sono cambiati i tempi, certamente, ma la rivoluzione texana, per certi versi silente, è stata quella più radicale. Un esempio? Sono pressoché scomparsi i profili italiani: presidente, vice presidente e direttore commerciale sono statunitensi, gm e allenatore portoghesi, il Ceo greco. Rimangono il segretario generale, Lombardo (in scadenza a giugno), e la dottoressa Rabuano. Ma soprattutto si è scelta una linea chiara, ossia di circondarsi di persone poco inclini ad alzare la voce. Per quello, nell'ottica dei Friedkin, c'è Mourinho. Nel pacchetto Special è incluso tutto: campo e fuori. Senza contare poi, che affiancargli uno del peso di Totti, vorrebbe dire schiarire in largo anticipo anche il futuro dello Special, in scadenza nel 2024. E mai come in questa stagione - le parole di Pinto sulla Champions lo dimostrano - le confermano passano per il campo. José incluso.Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero