Il medico legale è arrivato con la sua squadra di prima mattina sulla collina di Calabasas dove sono sparsi i rottami dell’elicottero. La nebbia persiste come...
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BASSA QUOTA
Tutti gli apparecchi pubblici erano fermi quando il Sirkowsky S76 è decollato con un permesso speciale della torre di controllo dell’aeroporto John Wayne di Orange County che richiedeva uno stato di allerta nel volo a bassa quota. Era diretto a Nord, sul tracciato dell’autostrada 5 che collega Los Angeles a San Francisco. Ha sorvolato il Dodge Stadium, poi ha fatto un giro circolare sopra il quartiere urbano di Glendale. Il pilota si è reso conto che sarebbe stato più prudente avere l’assistenza continua degli operatori a terra, e ha chiesto la procedura del «flight following». Gli hanno risposto che stava volando troppo in basso per potere essere letto dai radar. Quella è stata l’ultima comunicazione. Pochi minuti prima delle 10 l’elicottero si è schiantato sulla collina di Calabasas, precipitando dal cielo senza più controllo. L’inchiesta è ora nelle mani dell’agenzia per l’aviazione civile con il supporto dell’Fbi; ci vorranno ancora diversi giorni prima di avere il racconto degli ultimi minuti della vita di Kobe Bryant e dei suoi amici.
LUTTO MONDIALE
La tragedia ha spinto le persone più diverse ad esprimere dolore per la scomparsa così drammatica di un uomo che aveva toccato la vita di tanti altri (significativa l’impennata di 3 milioni di follower dopo la notizia). Bryant come accade alle stelle più brillanti della scena pubblica, stava spiegando le ali alla fine della carriera sportiva per assumere il ruolo di testimonial nelle cause sociali per lui più importanti. Questo spiega il diluvio di reazioni di cordoglio: dai compagni di squadra e della Nba ai giocatore di tennis come Novak Djokovich Naomi Osaka; da un calciatore come David Beckham, i presidenti Obama e Trump. I Dallas Mavericks hanno deciso di ritirare la maglia numero 24 in segno di rispetto. A New York una delle fermate della metropolitana è stata rinominata “Kobe Bryant Park” e all’esterno del Madison Square Garden è stato installato un mega schermo in ricordo della star dell’Nba. Non manca qualche voce dissonante dal coro: la giornalista del Washington Post Felicia Sommes pochi minuti dopo aver appreso la notizia della tragedia ha riproposto su Twitter un articolo che raccontava l’accusa di violenza sessuale che aveva colpito Kobe nel 2003, e che fu messa a tacere con un accordo extragiudiziale. Sommes, a sua volta vittima di molestie da parte di un suo ex direttore, è stata sospesa dal giornale perché il tempismo dell’intervento è stato giudicato inopportuno. L’uomo e l’atleta hanno cancellato quell’episodio con l’impegno dimostrato negli anni successivi nel campo sociale, e gli Usa, la Nba e i fans di Black Mamba si preparano a celebrare la statura di eroe del loro beniamino che avevano visto volare tante volte verso il canestro, da non poter mai sognare che un giorno il cielo gli sarebbe stato nemico. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero