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L'adolescenza è quasi alle spalle, e loro non avranno un mitico Mondiale da ricordare, una canzone come quella di Venditti che unisce amicizie, amori, inquietudini sullo sfondo di una campionato mondiale del '66. Non avranno quelle sere d'estate tapparelle semi abbassate e zanzare, «oggi non esco vedo la partita tutti insieme ma'», la cotta di turno stasera può attendere, (poi magari la incrocio se festeggiamo), come nell'82, come nel 2006. Gli "orfani" delle notti magiche sono i giovani sotto i 18 anni, quelli tra i 15 e i 17 anni per capirci, che su questo Mondiale svanito ci contavano. Avevano appena assaporato il piacere di ritrovarsi a esultare tutti insieme, a patire per la lotteria dei rigori, a seguire anche altre nazioni. Niente da fare l'Italia non si è qualificata, perdendo con la Macedonia del Nord è fuori dai giochi, non ci sarà in Qatar, come non c'era stata nel 2018 quando non era arrivata in Russia, se va bene nel 2026 potranno sperare in un sogno azzurro.
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«Peccato, era stato divertente seguire le partite» dicono i ragazzi che normalmente non sono così appassionati di quelli del tipo Tommy, «a ma' io il calcio lo gioco non lo vedo...». Più lungimirante Mattia che, forse anche per quel senso di responsabilità che è piombato addosso con la pandemia a questa generazione a ridosso dei 18 anni, riflette: «Mi dispiace per le persone anziane, per i nonni, chissà se avranno un'altra chance...». Quanto a lui, se va bene, vedrà un mondiale quando sarà arrivato quasi a fine università... Poi c'è Caterina Traditi, 17 anni, liceale dell'Augusto: quanto ci è rimasta male. «Quando ho visto la partita ero molto scettica - commenta - non c'era da parte della squadra un minimo interesse, un minimo sforzo. Ci sono rimasta male, temevo la ricaduta, era nell'aria da settembre, vinto l'Europeo non era più la squadra di prima l'Italia. Pensare che speravo in una qualificazione anticipata a settembre, poi ho visto il completo disinteresse in campo.
Caterina sa bene di cosa parla, continua: «Dopo la sconfitta con la Svezia e l'eliminazione dai Mondiali 2018 in Russia, ho visto via via una squadra capace di vincere, unita, aveva improvvisamente un altro modo di mettersi in gioco, con molti giovani al suo interno. Peccato, davvero, sia finita così». Anche perché «io nel 2006 avevo un anno non ricordo nulla, vedo filmati in cui ci sono papà zio e mamma a San Giovanni tra fumogeni e bandiere a festeggiare. Per me e molti miei amici era una esperienza che speravamo di riprovare, sai anche se fosse uscita subito, ma almeno assaporare il Mondiale, basta vederla ci fa improvvisamente sentire uniti come Nazione... il lockdown aveva allontanato il calcio dall'Italia con gli Europei ci eravamo riavvicinati, ora quel senso di patriottismo è andato perso. Il Mondiale è un avvenimento che per due mesi alla fine ti coinvolge, dopo aver magari studiato una giornata. La nazionale mi ha delusa, con un atteggiamento troppo sicuro, ha dato per certo di passare e invece in campo non ho visto poi nessuna sicurezza. Sono 12 anni che nessuno ha più vissuto un Mondiale... Speriamo a 'sto punto che il prossimo si faccia a Roma... magar d'estate, che vai a vedere la partita in un baretto dopo una giornata al mare o in un paesino qua vicino, poi vai al centro a esultare...». Caterina sogna, e fa bene.
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Il Messaggero