Milan, dal closing al Bentegodi un salto in basso da primato

Milan, dal closing al Bentegodi un salto in basso da primato
Un anno fa, di questi tempi, il Milan era alle prese con il cambio di proprietà, la parola di moda era closing, accompagnata dagli inevitabili sorrisi per una data di...

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Un anno fa, di questi tempi, il Milan era alle prese con il cambio di proprietà, la parola di moda era closing, accompagnata dagli inevitabili sorrisi per una data di chiusura dell'affare più volte annunciata e più volte rimandata. Eppure, la squadra, nelle mani di Montella, era quinta in classifica, con 33 punti, nove in più di quelli messi insieme adesso dopo un mercato da oltre 200 milioni. Oggi, sorprendentemente, dopo un'estate all'insegna dell'entusiasmo, la situazione appare più complicata rispetto al dicembre 2016. Sia la società sia la squadra sono allo sbando. E' stato un fine settimana drammatico per il povero Diavolo. Venerdì il no dell'Uefa al piano predisposto dagli attuali dirigenti per far fronte al Fair Play economico finanziario: più ancora della risposta negativa, preoccupano le motivazioni, la dichiarata sfiducia nella capacità del club di far fronte al suo indebitamento e nelle garanzie finanziarie fornite dall'azionista di maggioranza.


UEFA E FIGC

Tanto che l'Uefa ha addirittura richiesto alla Federcalcio italiana un incontro per capire come abbia fatto a dare il via libera all'ingresso in società del misterioso gruppo controllato dal misterioso Li Yonghong. Ieri il crollo della squadra, tutt'altro che rianimata dalla staffetta in panchina fra il bravo Montella e la scommessa Gattuso. Una scommessa, quella di chiamare alla guida tecnica una leggenda rossonera, che l'ultimo Milan di Berlusconi aveva già perso più volte: Seedorf, Inzaghi, Brocchi, tutti personaggi amati dalla piazza, ma senza l'esperienza necessaria a far fronte alle difficoltà dell'impresa. Qui poi c'è un'aggravante, e cioè il curriculum di Gattuso, meno esordiente rispetto ai colleghi, ma finora allenatore tutt'altro che brillante: esonerato dal Sion dopo un mese e dal Palermo dopo tre mesi, dimissionario dall'Ofi Creta dopo sei mesi e retrocesso con il Pisa dalla Serie B dopo una promozione dalla Lega Pro. A Verona il Milan è apparso particolarmente confuso: manovra lenta e impacciata, conclusioni telefonate e una fragilità difensiva accentuata. Ma l'allarme maggiore è per il futuro della società. Altro che rinascita grazie agli investitori cinesi. Doveva essere l'anno del grande ritorno di Milano ai vertici del calcio italiano. Sì, c'è l'Inter, ancora nel gruppo di testa nonostante la prima sconfitta stagionale. Per quanto Spalletti e Ausilio abbiano cominciato a bisticciare sul mercato e sulle disponibilità di una proprietà certamente solida, in questo caso, ma finora meno generosa del previsto Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero