Un anno fa, di questi tempi, il Milan era alle prese con il cambio di proprietà, la parola di moda era closing, accompagnata dagli inevitabili sorrisi per una data di...
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UEFA E FIGC
Tanto che l'Uefa ha addirittura richiesto alla Federcalcio italiana un incontro per capire come abbia fatto a dare il via libera all'ingresso in società del misterioso gruppo controllato dal misterioso Li Yonghong. Ieri il crollo della squadra, tutt'altro che rianimata dalla staffetta in panchina fra il bravo Montella e la scommessa Gattuso. Una scommessa, quella di chiamare alla guida tecnica una leggenda rossonera, che l'ultimo Milan di Berlusconi aveva già perso più volte: Seedorf, Inzaghi, Brocchi, tutti personaggi amati dalla piazza, ma senza l'esperienza necessaria a far fronte alle difficoltà dell'impresa. Qui poi c'è un'aggravante, e cioè il curriculum di Gattuso, meno esordiente rispetto ai colleghi, ma finora allenatore tutt'altro che brillante: esonerato dal Sion dopo un mese e dal Palermo dopo tre mesi, dimissionario dall'Ofi Creta dopo sei mesi e retrocesso con il Pisa dalla Serie B dopo una promozione dalla Lega Pro. A Verona il Milan è apparso particolarmente confuso: manovra lenta e impacciata, conclusioni telefonate e una fragilità difensiva accentuata. Ma l'allarme maggiore è per il futuro della società. Altro che rinascita grazie agli investitori cinesi. Doveva essere l'anno del grande ritorno di Milano ai vertici del calcio italiano. Sì, c'è l'Inter, ancora nel gruppo di testa nonostante la prima sconfitta stagionale. Per quanto Spalletti e Ausilio abbiano cominciato a bisticciare sul mercato e sulle disponibilità di una proprietà certamente solida, in questo caso, ma finora meno generosa del previsto Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero