Numero uno contro numero due. In teoria, la finale migliore possibile. In realtà la comunità del tennis sperava di accogliere almeno un nome nuovo nello Slam Down...
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SERVIZIO E AGGRESSIVITÀ
Djokovic ha cominciato ripreso il 2019 come aveva chiuso la seconda metà del 2018: dominando. La sua condizione psico-fisica è ideale e lo ha dimostrato distruggendo in semifinale il francese Pouille: 6-0 6-2 6-2. Il dato che più impressiona è quello degli errori gratuiti del 31enne serbo: appena 5. Praticamente perfetto quanto a solidità e profondità dei colpi. Non solo. «Forse non ho un gran servizio, ma mi sono costruito un grande turno di servizio». Lo diceva Agassi, ma oggi potrebbe ripeterlo Djokovic. Non è noto per essere un bombardiere, ma il servizio sta funzionando a dovere: raccogliendo oltre l’80% dei punti con la prima palla, sta mantenendo percentuali da gran battitore. Da quando poi al suo angolo è tornato il fido Vajda, basta osservare i suoi piedi per notare che ha conquistato un metro rispetto a qualche anno fa. Il suo campo è più corto, lui è più aggressivo. L’età avanza anche per lui ed evitare scambi troppo logoranti aiuta.
NESSUN SET PERSO
«Essere in finale qui è fantastico - ha sottolineato Nadal - due settimane fa ho dato forfait a Brisbane e in quel momento era difficile pensare di essere dove sono ora». Domani, a 10 anni esatti dal suo unico trionfo, proverà a bissare il titolo nel solo Major che ha vinto una sola volta. Diventerebbe il primo giocatore dell’era open a conquistare almeno due volte tutti gli Slam. E salirebbe a quota 18, meno due da Federer. Una rinascita, l’ennesima, che ha dell’incredibile. Il 32enne maiorchino sta impressionando per la profondità dei colpi da fondo campo e in 15 anni di carriera solo al Roland Garros aveva triturato gli avversari come sta facendo a Melbourne: neppure un set perso in sei incontri. Stritolando lo stesso Tsitsipas. Il futuro può ancora attendere.
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Il Messaggero