La favola adesso è veramente conclusa, e l'ultima parola è amara come l'esonero più inatteso: nove mesi dopo la clamorosa vittoria della Premier...
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Ranieri, 65 anni, era arrivato a Leicester nell'estate 2015, pochi mesi dopo la breve esperienza sulla panchina della Grecia. Accolto con non poca diffidenza, in pochi mesi aveva smentito tutti i suoi detrattori firmando un'impresa destinata a restare per sempre nella storia dello sport. La cavalcata del Leicester è diventata un'incredibile fiaba, che ha saputo conquistare i cuori di milioni di sportivi in tutto il mondo. Una piccola squadra di provincia che bookmakers quotavano ad inizio stagione 5000 a 1 per la vittoria finale. Proprio alla vigilia della sua ultima panchina Ranieri aveva confessato di essere stato tentato di andarsene al termine del campionato vinto. «Ma poi ho deciso di restare perché mi piacciono le sfide. E sapevo che questa sarebbe stata una stagione difficile». Si è rivelata ancor più complicata del temuto. Solo cinque vittorie in campionato, lo spettro incombente di una retrocessione storica: non è mai capitato nel dopoguerra inglese che i campioni in carica retrocedano in seconda divisione. Gli onori del club, che ringraziandolo gli ha confermato lo status di «manager più vincente nella storia del club», suonano adesso finanche stonati. Un esercizio di formale galanteria seguito ad uno schiaffo d'ingratitudine. Come ha scritto un tifoso eccellente delle Foxes, Gary Lineker, commentando la notizia: «Dopo tutto quello che Claudio Ranieri ha fatto per il Leicester City, licenziarlo è inspiegabile, imperdonabile e stomachevolmente triste». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero