Le mille bolle bluff. Piombano sul campo, promettono, poi (quasi sempre) spariscono da un'uscita secondaria dello stadio. Ma non era l'uomo-presidente-proprietario...
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MISTERI (BUFFI)
È il libro di cui sfogliamo oggi l'edizione aggiornata, un capitolo in più ambientato nella Sicilia rosanero, prima sedotta dalle promesse di Baccaglini «il vostro amore, la solidità dei nostri progetti» poi stordita dalla lettera in cui Maurizio Zamparini (un esperto, in fatto di thriller) invita l'ex Iena nonché presidente a smammare vista la «ridicola offerta» della sua cordata angloamericana per il Palermo. Più che cronaca, il Baccaglini ch'eccitava il Barbera a «credere in me» (fatto: e adesso?) somiglia a una reincarnazione: l'uomo che s'annuncia e poi per un motivo o per l'altro boh. A Roma, per dire, annunciavano lo sceicco Al Qaddumi, inizialmente nato a Nablus secondo alcune fonti e in Qatar secondo altre (e già lì, volendo). Era l'inverno 2013, si partì da un preliminare d'acquisto e si finì con la multa della Consob: lo sceicco s'era interessato a un club quotato in Borsa senza fornire informazioni adeguate (poi bastò una foto del condominio di Perugia in cui risiedeva per fare un po' più di luce). Un preliminare lo concluse pure il petroliere albanese Rezart Taçi, nel 2009, per prendersi il Bologna dai Menarini: allora quando firmi Rezart? Non firmò mai. Un po' come a Parma nel 2005, l'anno di un imprenditore napoletano trapiantato in Svizzera, Gaetano Valenza, e dell'ex patron del Real Madrid, Lorenzo Sanz: il primo prese dimora in un albergo del centro e da lì assicurò tutto (compreso Zeman allenatore) tranne le garanzie economiche; il secondo versò la caparra, si fece fotografare al Tardini con la maglia crociata e soprattutto fece aspettare invano il resto dei bonifici.
PAROLE PAROLE PAROLE
E Joseph Cala, il businessman (virgolette) che vide (idem) nel futuro della Salernitana 40 milioni d'investimenti e il ritorno in serie A? L'incantesimo durò meno di un mese, febbraio 2011, il tempo di veder saltare già il primo stipendio dei giocatori. Due estati prima, del resto, tutta Bari s'era beata dell'ottimismo del magnate texano Tim Burton (non il regista) avvolgendolo in sciarpe e bandiere fin dall'aeroporto. I quotidiani locali: «Gli americani liberano Bari per la seconda volta». Lui: «Voglio farvi sognare!». Matarrese invece voleva vedere carte e portafogli. Risposta: ciao Bari, alla prossima. Più o meno lo stesso finale scritto a Brescia, nel 2014, tra le Rondinelle e il pimpante (vedi Parma) imprenditore Giampietro Manenti: «Sono serio: Brescia in A e stadio nuovo». Fu il suo biglietto da visita, ossia l'unica traccia rimasta sul tavolo di Corioni. Della serie: misteri che se non ci fosse da piangere sarebbero pure buffi. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero