Lazio, Inzaghi è lo “special one” biancoceleste

Lazio, Inzaghi è lo “special one” biancoceleste
Il passato che prende per mano il presente accompagnandolo verso il futuro. Simone Inzaghi anello di congiunzione. Dalla gloria degli anni d’oro di Cragnotti passando per le...

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Il passato che prende per mano il presente accompagnandolo verso il futuro. Simone Inzaghi anello di congiunzione. Dalla gloria degli anni d’oro di Cragnotti passando per le gioie attuali verso un futuro che fa sognare. C’è sempre lui 20 anni dopo. E per uno strano gioco anche la maglia è la stessa. Dolci ricordi che sembravano destinati a restare tali e invece eccoli tornare con la forza che solo la storia sa regalare. Da giovane attaccante della Lazio più forte di sempre ad allenatore di una Lazio da record. Ieri gregario di un gruppo strepitoso, oggi comandante di una squadra da sogno. Meglio del suo maestro Eriksson che si fermò a nove. Meglio di chiunque altro nella storia biancoceleste. Il figlio Lorenzo che corre in campo e calcia palloni come i gemelli Maestrelli. La storia della Lazio sembra ripetersi assumendo di volta in volta forme diverse. C’è il volto di Simone nella prima pagina dei 120 anni. L’uomo del record e dei tabù abbattuti tutti in una stagione. Meriterebbe lo scudetto. Sarebbe la giusta favola per un campionato che ha smesso di sognare da tempo. Sempre lo stesso finale da 8 anni. Un finale che Inzaghi si è messo in testa di cambiare sovvertendo regole e pronostici. Non certo un obiettivo di inizio stagione ma piuttosto una convinzione nata partita dopo partita. Un capolavoro nato al minuto 70 della sfida contro l’Atalanta. La prima pennellata del quadro d’autore di Simone è datata 19 ottobre. Come in un dipinto di Caravaggio dal buio ecco spuntare la luce che esaspera le emozioni.


FILM DA OSCAR
Quella partita la Lazio riesce a pareggiarla grazie alla fame e alla rabbia che Inzaghi ha trasmesso al gruppo. Non è un caso che a turno tutti dicano che nella loro testa sia scattato qualcosa. La scintilla l’ha accesa Simone, il presidente Lotito è stato bravo a farla diventare fuoco che arde. Dieci vittorie di fila, l’ultimo ko risale al 25 settembre contro l’Inter. Praticamente contro una delle avversarie scudetto. Una parola che non stride più come ad inizio stagione se accostata alla Lazio, anzi ora il suono è diventato dolce. Merito della lunga cavalcata dei biancocelesti che hanno ridato entusiasmo all’ambiente. C’è voglia di sognare in grande. Di sognare da grande. Il primo fotogramma del film da oscar è a Firenze. Vittoria al minuto 89 grazie ad un colpo di testa di Immobile. Poi il poker contro il Torino all’Olimpico. Un netto 4-0. La cinepresa si sposta poi a Milano per il primo vero capolavoro: 2-1 al Milan e il tabù San Siro sfatato dopo 30 anni. Una settimana dopo altro poker, stavolta al Lecce. Poi il successo all’ultimo contro il Sassuolo per 2-1 e il 3-0 all’Udinese. I quindi giorni successivi, dal 7 dicembre al 22 dicembre Inzaghi scrive una pagina memorabile. Si parte con il 3-1 contro la Juventus all’Olimpico. Una vittoria roboante che lancia i biancocelesti in orbita. Un capolavoro tattico di Inzaghi che dà una lezione di calcio a Sarri. La partita successiva è a Cagliari. Fino al 92’ la Lazio è sotto per 1-0. Sembrava la classica sconfitta dopo l’abbuffata. Niente affatto perché i biancocelesti non muoiono mai. Nello spazio dei 5 minuti successivi ecco il ribaltone: Luis Alberto e Caicedo. Tripudio. Passa un’altra settimana e riecco la Juve. Cambia la location e la competizione ma il risultato resta lo stesso. Il cielo di Riad è biancoceleste. Nemmeno la sosta natalizia ha fiaccato lo spirito della Lazio. Ecco altre due vittorie nel finale. Brescia ribaltato per 2-1 al 91’ e Napoli beffato proprio quando lo 0-0 sembrava scritto.

COME IL MITO ZOFF

Due partite sottotono rispetto alle altre. La squadra è sembrata meno brillante. Niente paura solo un carico di benzina per correre ancora verso altri obiettivi. Ci sono altri di record da raggiungere e sogni da realizzare. Nessuno come Inzaghi che a fine stagione può superare, per presenze assolute, anche il Mito Zoff. Gli basterà vincere con la Cremonese e giocare un turno in più di coppa Italia per arrivare a 203. La Storia gli appartiene già. Ora è pronto all’immortalità.
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Il Messaggero