Qualche coriandolo biancoceleste è ancora sul terreno dell’Olimpico. L’euforia per la vittoria in Supercoppa non si è smorzata. Ed è giusto...
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SOGNI D’ORO
Quello di questa sera sarà il trentatreesimo confronto diretto tra le due formazioni, il ventisettesimo nella massima serie. Il bilancio totale sorride ai biancocelesti, che sono in vantaggio per dodici successi a dieci. Dieci anche i pareggi. L’ultima sfida ufficiale tra le due squadre risale alla stagione 1981/82. A Roma si imposero gli emiliani, mentre a Ferrara la gara terminò 2-2. Inzaghi vuole vincere per partire con il piede giusto anche in campionato e dare un segnale a tutto l’ambiente. Troppo scetticismo attorno alla squadra. O meglio quello che più dà fastidio al tecnico laziale è il fatto che alla sua squadra vengano date sempre troppe poche chance: «Meritiamo una considerazione maggiore, io so bene che squadra alleno e dove possiamo arrivare». Il sogno nemmeno troppo proibito è quello della Champions. Non è impossibile arrivare tra le prime quattro del campionato. Non fosse altro perché quello di Simone è un gruppo consolidato e già ben rodato rispetto all’Inter e al Milan, che hanno cambiato tantissimo. Il tecnico laziale conosce bene l’ambiente e usa le parole giuste: «In cuor mio c’è la speranza. L’anno scorso ci siamo meritati tutto sul campo, ora è ancora presto per dire che siamo da terzo o quarto posto. Il mio desiderio è comunque quello di stare nei piani alti della classifica, per rendere contenti i nostri tifosi». Giusto così, perché l’ambiente biancoceleste non è dei più facili e si rischia di restarne vittime. Meglio puntare un gradino più in basso e stupire all’arrivo, che sognare in grande e ritrovarsi inchiodati all’insuccesso.
TUTTI IN RIGA
Per sognare e stupire tutti bisognerà però remare compatti. Il segreto resta sempre quello dello spogliatoio. Ecco perché anche Inzaghi, dopo gli ultimi episodi, ha deciso di non proteggere più il suo pupillo Keita. Lo ha fatto per tutta la passata stagione, ma ora è impossibile: «Parliamo di un giocatore su cui ho sempre puntato a occhi chiusi, che nessun allenatore prima di me aveva fatto giocare così tanto. Nell’ultima settimana non ho visto gli atteggiamenti giusti, non lo potevo anteporre agli altri ragazzi. Sono tutti importanti, ma nessuno è indispensabile. Uno può non essere contento e volere andare in una società più blasonata, ma bisogna comportarsi da uomini senza disertare gli allenamenti. Sta diventando un’abitudine, è qualcosa che deve cambiare per forza». Tutti avvertiti, la strada per la Champions è lunga e difficile, chi non se la sente meglio che si fermi subito. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero