Dopo aver lasciato Torino cercava una casa dove mettere radici e dal 2016 l'ha trovata nella Lazio. Con la doppietta segnata proprio alla sua ex squadra, Ciro Immobile ha...
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Una media, la sua, di quasi un gol e mezzo a partita in poco più di tre stagioni, numeri che offuscano anche il ricordo di un campione laziale come Miroslav Klose: «Non era semplice, c'era un'eredità importante da coprire ma lavoro con quella tigna, quella cattiveria e anche con un pò di quella testardaggine che mi ha permesso di cancellare le annate passate», riconosce oggi Immobile, il cui ringraziamento speciale va al suo tecnico, con il quale solo un mese fa prima litigava in diretta dopo la sostituzione con il Parma per poi ammettere che «Inzaghi è il mio fratello maggiore». Ora il partenopeo sorride: «Inzaghi ha costruito una squadra su di me. Siamo cresciuti insieme: lui come allenatore, io come calciatore. Ho finito la maturazione e lui sta cambiando tantissimo da quando abbiamo iniziato. Questo è il quarto anno che lavoriamo insieme e sta crescendo proprio come allenatore. Entra nella testa dei giocatori».
Già 12 reti in A (primo a +4 da Muriel in classifica marcatori), una media che per la Lazio fa rima con l'Europa che conta: «Mi piacerebbe lavorare per lottare e arrivare in Champions - ammette Immobile - Le squadre sono queste: ci siamo noi, la Roma, il Napoli, l'Atalanta. Ci giochiamo il quarto posto». Un leader in campo, un amico per molti suoi attuali ed ex compagni. Come Andrea Belotti, vecchio partner negli anni del Torino di Ventura, al quale Ciro ha 'dedicatò il rigore del 3-0 di ieri sera con un gesto che ad alcuni sembrava un'imitazione del Gallo torinista; «e invece era un gioco con Cataldi...», la precisazione del bomber. Tra i due c'è amicizia e lo stesso Immobile a fine gara aveva rincuorato il granata rivelando: «Vedere il Torino e Andrea così in difficoltà fa dispiacere. Lo saluterò negli spogliatoi». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero