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C’è qualcosa che non va. E a dirlo non sono solo i numeri ma anche gli atteggiamenti dei protagonisti. Gesti palesi che non si sposano affatto con le parole che rimbalzano dalle interviste o dai social. La Lazio perde la sua terza gara di fila tra coppa e campionato e vede la Champions, definita dall’allenatore «il nostro scudetto», allontanarsi sempre più. «Guardiamo avanti consapevoli di essere in ritardo» ha rimarcato Inzaghi dopo il 3-1 subito dalla Juventus. Già, in ritardo su ogni fronte. Solo gli stipendi sono avanti. Addirittura di un paio di mensilità. Un gesto intelligente del presidente Lotito che prima di altri aveva capito la situazione. Non è affatto contento di questa stagione. Si aspettava altro. Da tutti. Perché alla sbarra non c’è solo l’allenatore ma anche i giocatori e il ds. Adesso pretende risposte. Per decidere il futuro e salvare il presente. Dal quarto posto dipenderà anche la prossima stagione. O meglio quando drastica sarà la rifondazione. Perché è di questo che si deve parlare. Si è arrivati alla fine di un ciclo e ora bisogna ricostruire.
LE DOMANDE
E la prima domanda che ci si pone è: rifondare con Inzaghi o senza? A Natale, dopo il gelo autunnale, le parti erano tornate vicine tanto che la bozza di contratto è ancora nelle mani del tecnico. Simone riflette, Lotito si pone dubbi. Alcuni comportamenti dell’ultimo periodo hanno fatto tornare gli interrogativi. Il tecnico parla di miracoli ma per il presidente non è certo «mago Merlino». Ora è anche Tare ad averli. In particolare qualche dichiarazione non è passata inosservata. Tra le altre quella post Juve: «Quest’anno la squadra è ben costruita, ho poco da dire». Tra i due si vocifera pure di un chiarimento. Anche perché la frase poteva lasciar adito a interpretazioni negative del tipo «solo quest’anno è stata costruita bene?». E poi, tornando a quello che si diceva all’inizio relativo ai comportamenti in contrasto con le parole, se il mercato è buono perché i nuovi arrivati trovano così poco spazio?
INFELICI E SCONTENTI
Di fatto Inzaghi promuove gli acquisti a parole ma poi sul campo li boccia.
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Il Messaggero