Roma, il Comandante Lucio: la crescita passa dalle scelte di un tecnico che non guarda in faccia a nessuno

Luciano Spalletti
Il recupero in classifica, zona Champions a 2 punti, è l'aspetto più significativo del nuovo corso: la Roma, in 9 giorni, ha recuperato 5 punti all'Inter...

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Il recupero in classifica, zona Champions a 2 punti, è l'aspetto più significativo del nuovo corso: la Roma, in 9 giorni, ha recuperato 5 punti all'Inter quarta (oggi avanti solo di 1) e 4 alla Fiorentina terza (ancora a più 2). I 3 successi di fila hanno fatto la differenza, anche perché la Roma, da ottobre, non era stata più capace di produrre una striscia di 3 vittorie (in quel caso arrivò a 5 e diventò prima). Ma dietro ai risultati c'è altro. Certo, anche la fortuna che ha avuto il suo picco martedì a Reggio Emilia nel rigore calciato alto da Berardi e domenica all'Olimpico nella traversa colpita da Cassani. Di sicuro, però, c'è il lavoro di Spalletti. In campo e fuori. Perché, in meno di un mese, è riuscito a incidere sul comportamento della squadra. Comportamento: la parola piace tanto al toscano che la sventolò spesso, nella sua precedente avventura, per spiegare la ricostruzione del 2005. In queste prime settimane ha dunque migliorato gli atteggiamenti dei giocatori in allenamento e in partita, li ha chiamati in causa individualmente, per correggere errori e atteggiamenti. Pure a brutto muso. Li ha coinvolti quotidianamente, per far blocco e uscire dalla crisi. Dando loro un unico riferimento: lui. Lucio e nessuno. Da mercoledì 13 gennaio non c'è altro interlocutore a Trigoria per i calciatori. Nel bene e nel male.


CHIAREZZA ASSOLUTA
Il suo decisionismo non ha precedenti nei 5 anni dell'éra Usa. Spalletti, già all'alba del nuovo mandato, è stato diretto in privato e in pubblico. Ancora di più in campo. Bianco o nero. Mai grigio. Si è preso la responsabilità di scelte pesanti e ingombranti. Sui singoli. L'elenco si arricchisce di giornata in giornata.
 
Prendete Castan: lo ha provato contro il Verona già alla prima partita della sua gestione. Esperimento fallito (con tanto di sostituzione in corsa). Così ha subito chiesto il difensore in più alla proprietà che ha dato il via libera a Sabatini per prendere Zukanovic che ha fisico e doppio ruolo (centrale/terzino). Nel 2° match, a Torino contro la Juve, ha preso atto di avere pochi terzini in rosa: ecco perché ha spostato De Rossi in difesa e varato la linea a 3. Alla terza partita, contro il Frosinone all'Olimpico, si è reso conto che il regista è fondamentale: dentro Keita. Che ha giocato 3 partite di fila dall'inizio dopo 11 mesi. Contemporaneamente, a proposito di senatori, ha programmato il reinserimento di Maicon, poi titolare nelle 2 gare successive. Il quarto step, in trasferta contro il Sassuolo, è stato ancora più indicativo: niente centravanti. E' vero che Dzeko non è partito per Reggio Emilia e lo stesso Totti, anche se convocato, non stava benissimo, ma teoricamente avrebbe potuto scegliere Sadiq. Ha optato per i 2 esterni offensivi, Salah ed El Shaarawy (entrambi a segno per la vittoria), più Perotti trequartista pronto a scambiarsi la posizione con Nainggolan e Pjanic. Caccia al gol per vie centrali. Nell'ultima e quinta gara ha rafforzato la sua convinzione e insistito sui palleggiatori. Dzeko è entrato a metà ripresa e Totti rimasto in panchina per la quarta volta su cinque da quando è sbarcato Lucio. Spiegazione sulla rinuncia al primo: «I medici mi hanno detto che aveva solo 30 minuti nelle gambe». E, per certi versi, definitivo sul secondo: «Non posso chiedergli metri ma qualità. Quando mi farà vedere che dà qualcosa in più rispetto ad un altro calciatore, perché non lo devo far giocare?».

SENZA FIATO

Se per il capitano la questione è solo anagrafica, per il resto del gruppo la situazione è piuttosto allarmante. Spalletti non nega il grave handicap della Roma attuale che dura al massimo un'ora: «Qualche cosa ho tentato di farla, vedendo le abitudini precedenti. Abbiamo incrementato l'allenamento, lo sviluppo è qualitativo». Ma, per ora, parziale. Tant'è vero che ancora non c'è continuità nel pressing. E diventa problematico stringere i reparti sotto palla. I brividi finali contro il Sassuolo e la Sampdoria non sono casuali e attualmente rappresentano la parte più complicata della missione di Lucio.
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Il Messaggero