Roma, da Ibanez, a Villar e Mayoral: se essere giovani è un “difetto”

Roma, da Ibanez, a Villar e Mayoral: se essere giovani è un “difetto”
Il talento senza esperienza o spessore è come un bel vaso senza...

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Il talento senza esperienza o spessore è come un bel vaso senza il fiore. La Roma, di talento, ne ha, nei vecchi e in special modo nei suoi giovani, da Villar (classe ‘98) a Ibanez (‘98), fino a Mayoral (‘97), Kumbulla (2000), Karsdorp (‘95) e Mancini (‘96). Se alla Roma manca personalità, specie nelle partite di alto livello, probabilmente è per questa gioventù, che tanto dà e tanto toglie. Il giovane va aspettato, qui c’è fretta di individuare il campione: il talentino diventa, anzitempo, un eroe. Chi è davvero indietro è Kumbulla, che viene dalla esperienza da titolare con la maglia del Verona ma qui nella Capitale è andato a sbattere su qualche infortunio di troppo e in più anche sul Covid. Da titolare è finito a fare panchina. Poi, Ibanez, che ha incantato in tante situazioni, ma l’errore di leggerezza gli è sempre scappato e soprattutto contro avversari più esperti è andato in tilt, vedi contro Lukaku e Immobile. Ibanez ha bisogno di giocare (ora è infortunato) e di sgrezzarsi. Stesso dicasi per Villar, il talentino spagnolo cresciuto con il mito di Xavi e Iniesta. Ama il dribbling, la giocata di fino, ha anche personalità, ma poi si trova davanti il peggior Vidal degli ultimi anni, Leiva e Calhanoglu e affonda inesorabilmente. Per inesperienza, non certo perché è scarso. E’ una questione di numero di partite nelle gambe, di testa e non di assenza di mezzi tecnici. Va detto che da noi i giovani sono sempre più giovani rispetto al resto d’Europa: in Premier il talento di vent’anni spesso è titolare nelle grandi squadre, in mezzo ai più esperti, vedi Phil Foden (2000) punto fermo del City di Guardiola o Jamal Musiala (2003), che gioca col Bayern in Bundesliga e in Champions con grande naturalezza (21 presenze e 4 gol). Ecco, nella Roma attendiamo il salto di personalità di questi ragazzi: dal semplice talento al grande giocatore. La distanza non è proprio impercettibile. Gianluca Mancini, ad esempio, quel salto lo ha fatto, forte delle stagioni all’Atalanta: è giovane, ma ha una testa da vecchio, commette errori ma nessuno discute la sua affidabilità. Sbaglia ma non sparisce. Cosa accaduta ad altri. Se si sparisce nelle grandi partite, c’è qualcosa che non va. Significa che la crescita è in pieno svolgimento, nessuno è arrivato al top. Vedi Mayoral (domani a Firenze potrebbe lasciare il posto a Mkhitaryan, pronto a fare il falso nove come nel finale di Roma-Milan), che viene dal blasonato Real: i suoi gol in campionato sono contro Parma, Crotone (2), Spezia (2) e Verona. Manca altro, insomma. Un talento che si trascini oltre, altrimenti resta solo una figurina.

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Il Messaggero