Roma, la squadra ha un'etica nuova: l'impresa già compiuta da Mou

Mourinho (foto Gino Mancini)
José Mourinho sa essere bifronte, come in queste prime campagne. E se indossa la maschera di Giano si vede che sta preparando qualche sorpresa, sente l’odore del...

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José Mourinho sa essere bifronte, come in queste prime campagne. E se indossa la maschera di Giano si vede che sta preparando qualche sorpresa, sente l’odore del sangue, ma ora non può dirlo. Gli piace sorprendere e stordire, i suoi gol preferiti infatti somigliano a un borseggio, di quelli con strappo e ghigno. Così se tutta Italia lo aspettava coi denti digrignanti, da quando è qui gli piace mostrarsi come uomo dal dolcissimo sorriso. Si fa concavo e convesso con ogni interlocutore, finora ha elogiato chiunque tranne i giardinieri dell’Olimpico, ha un che persino di adorabile, trasmette inopinate sensazioni di umiltà. Fa la pecorella in mezzo ai lupi: gli altri sono tanto più forti, noi siamo piccoli e cresceremo, forse l’anno prossimo. Poi però guardi la sua Roma e ci intuisci dietro un lavoro di quelli tosti e incarogniti, di carota, di bastone, di ipnosi collettiva. José in pubblico sembra il tenero Giacomo, ma in privato ha già ribaltato tutta una mentalità, un’estetica, un disegno di vita. 

RIGORE PRUSSIANO
Si nota una squadra con una linfa diversa dentro, con un rigore e un’etica nuova, un che di improvvisamente prussiano. Niente più languori, di quelli che facevano ammosciare di colpo tutti quanti, e le partite scivolavano via. E’ come se nella Roma fosse stato impiantato un fil di ferro, ancora esile ma in via di consolidamento, e quel filo rappresenta il lavoro di questo José bifronte, temibile, pronto a tutto. In passato, i momenti delicati vissuti contro Trabzonspor e Fiorentina avrebbero causato disastri, invece la Roma ne è uscita di slancio, con fede e pure con leggerezza, appoggiandosi ai suoi talenti. Autostima. Ma c’è anche l’aspetto tattico, dove la Roma è bifronte come José. Piena di giocatori che cambiano mansioni: Pellegrini seconda punta con palla agli altri, poi centrocampista con palla alla Roma; Micki e Zaniolo esterni, poi di là trequartisti fiancheggiatori del centravanti; i terzini che stanno bassi e stretti ma dopo diventano ali del 3-2-5 in fase di possesso. E José che lascia tutti a friggere, le sostituzioni arrivano tardi, bisogna allenare la disponibilità al sacrificio. 

AVVISI AI NAVIGANTI


Poi di cambi all’altezza ce ne sono pochi, ci sta dicendo il tecnico con le sue decisioni. In pubblico è tutto un rimandare tra soavi sorrisi, in privato José spinge con fervore per altri acquisti. Servirebbero un difensore laterale e uno centrale, anche se la priorità è a centrocampo. Quando non gli arriva il regista alla Xhaka, nel solco di Thiago Motta o Xabi Alonso, a Mourinho piacciono i medianoni di origine africana, l’Africa in genere è la sua passione: oltre ad aver avuto i due più grandi africani di sempre, Eto’o e Drogba, Mourinho ha adorato i suoi Makelelé, Essien, Obi Mikel, Diarra, e non a caso alla Roma vengono accostati nomi come Zakaria, Anguissa, Sissoko. Gli serve un uomo di personalità e di muscoli, un africano, o uno come Matic. Poi ci si divertirebbe, a prendere a sportellate gli avversari. Anche per questo ha fatto ingaggiare e dato subito spazio a un altro asso di origine africana, Abraham, detto Tammy. Che poi si chiama quasi come la moglie di José: Matilda, originaria dell’Angola, per tutti in famiglia è Tami.  Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero