Roberto Mancini, ct della Nazionale azzurra, dopo la partita contro la Bosnia, quarta vittoria consecutiva in qualificazione Euro 2020, ha provato a fare un bilancio. Non ha dato...
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Dopo la Nazionale di Conte, quella che è riuscita a ridare entusiasmo e orgoglio a un popolo è proprio la squadra di Mancini. Che ha raccolto una banda di ragazzi simpatici, belli, forti ora anche tosti. Che giocano al calcio, che cercano la finezza. Mancini è riuscito a trasmettere la sua essenza di esteta, ce l’aveva da calciatore e non l’ha tradita da allenatore. Mancio è uno che per un colpo di tacco avrebbe rinunciato a una vittoria. E se all’estetica si abbina la forza di volontà, come l’altra sera contro la Bosnia, il futuro tornerà a sorridere. L’obiettivo di Mancini, il mandato, è il prossimo Mondiale, si sa. Chiudiamo gli occhi e pensiamo ai vari Barella, Verratti, Chiesa, Bernardeschi, Kean, più Emerson, Mancini: si può competere in Qatar? Si può. Ma prima c’è l’Europeo itinerante, il pass è quasi staccato. C’è ancora un anno per riprovare certi esperimenti. Balotelli può rientrare nel giro, dipenderà da lui, Kean dovrà far capire se è un Balotelli o di più. Oppure c’è il piano B: giocare senza attaccante centrale, come successo a Torino, con Insigne e Bernardeschi - a turno - in mezzo. Oppure c’è Belotti, che vuole riprendersi quel posto dopo un’annata azzurra non all’altezza, così come Immobile. Di tempo ce n’è e i giocatori sono tanti. Mancini ha in mano un’Italia come quella di Vicini, dove proprio Roberto era un perno, l’uomo squadra. Quella Nazionale fece sognare ma non riuscì a vincere. Bisogna solo aspettare per capire. Fidandosi, stavolta. Di Mancini e dei suoi talenti “maledetti”. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero