A San Nicolò Piacentino, 6500 abitanti, verso Voghera, la villa degli Inzaghi è come un museo, ha gigantografie con centinaia di articoli di giornali messi in quadro...
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Gli Inzaghi sbocciarono qui, a 6 chilometri dallo stadio Garilli. «Filippo andò a Leffe, nella Bergamasca in serie C, Simone fece un giro del nord, con 6 squadre prima di arrivare nella Lazio nel 99», sottolinea papà Giancarlo, 62 anni, ex rappresentante della Zucchi Bassetti, il tessile che era stato comprato da Buffon, quando lui però era già in pensione. «Da 5 anni si è trasferito ai Parioli e lì sta bene. Pippo, invece, continua a vivere a Milano, in corso Magenta». Tra poco, sia papà Giancarlo che mamma Marina diventeranno nonni per la terza volta, grazie a Simone. «Quando tornato a casa entrambi e si fermano a dormire, si sistemano ognuno nel proprio piano. Noi siamo i custodi dei loro alloggi - dice mamma Marina -. Noi, invece, andiamo a trovarli nei ritiri: mio marito è stato tre giorni ad Auronzo di Cadore, per Simone, poi insieme una settimana a Moena per Pippo e il Benevento». È impegnativo essere genitori d’arte, mamma lasciò la ragioneria in comune, con la nascita di Simone. «Hanno ancora la nonna paterna, Maria, di 91 anni». Il procuratore di entrambi, Tullio Tinti, si affacciò quando Pippo aveva 16 anni e giocava negli allievi del Piacenza. «Volle una bella borsa da calcio, per ben figurare. Tanti si presentarono, sono rimasti fedeli a lui e tuttora lo consultano». Marina è sorpresa per la doppia performance. «Non pensavo che la professione di allenatore diventasse così importante per entrambi, neanche speravo di vederli ai vertici. Al Milan Pippo, con una squadra non tanto forte, qualcuno tirò fuori l’etichetta di fallimento e mi dà molto fastidio».
Nel dicembre del 2018, a Bologna, li ha visti per la prima volta insieme a bordo campo. «Quello fu il nostro derby». Per il resto, invece, Marina e Giancarlo seguono le partite da casa. «Mio marito in soggiorno, io in camera, da soli, perché nessuno può capire le emozioni dei genitori».
Se Simone è cresciuto all’ombra del fratello maggiore, supercannoniere, in panchina i rusoli si sono rovesciati. A 43 anni, il laziale è il tecnico più giovane, fra le squadre di vertice dei campionati principali. «Per scaramanzia non pronunciamo mai la parola scudetto», rivela mamma Marina. «A noi non rivela nè sensazioni e nè speranze, magari lo farà con la moglie Gaia. C’è un rituale iniziato da quando era attaccante, appena scende in spogliatoio telefona al padre, dopo ogni partita. Sempre». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero