Spalletti da retrocessione: 9 punti in 10 gare

Spalletti da retrocessione: 9 punti in 10 gare
C’era una volta l’Inter. L’Inter di Moratti e di Mourinho. L’Inter che toccò il cielo con un dito, grazie al triplete del 2010. Poi è...

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C’era una volta l’Inter. L’Inter di Moratti e di Mourinho. L’Inter che toccò il cielo con un dito, grazie al triplete del 2010. Poi è cominciato il giorno della marmotta. Quello del film: vai a dormire, ma ti risvegli il giorno prima e si ripetono sempre gli stessi eventi. La squadra nerazzurra, ogni anno, improvvisamente, in genere nella prima parte del campionato, ottiene risultati che vanno persino al di là del gioco espresso e crede di essere uscita dal tunnel. Poi però suona la sveglia ed è costretta a ricominciare da capo, a reinterrogarsi sui propri errori. E’ successo con tutti i tecnici che si sono susseguiti dopo Mourinho, anche con quelli che godono di buona reputazione come Ranieri, Mazzarri, Mancini, Pioli: a un certo punto si è ritenuto che la loro medicina avesse funzionato, ma subito dopo il male (oscuro?) è risaltato fuori. Con Spalletti la medesima storia: raggiunto, in qualche modo, ma raggiunto, il primo posto in classifica, è seguito il crollo, 9 punti nelle ultime 10 partite, una media quasi da retrocessione. Vedi la squadra in campo e pensi che in effetti non valga più dei risultati attuali. Poi leggi le statistiche e scopri che però i numeri non così negativi: ancora quarta in classifica, almeno fino a stasera, l’Inter ha la quarta difesa e il quinto attacco del campionato, ha tirato in porta più di Juventus e Lazio ed è seconda solo alla Roma per cross effettuati. Non solo: è anche la formazione che corre di più in Serie A. Insomma, a mancare non sono né quantità né impegno, ma qualità.

UNA MEZZA DELUSIONE

Adesso pure qualche individualità importante. Miranda, Brozovic, Vecino, Perisic, Icardi. Sono i cinque migliori giocatori dell’Inter, saranno tutti protagonisti del prossimo Mondiale. A Marassi in campo c’era solo Vecino. Gli altri, infortunati, tranne Brozovic escluso da un incomprensibile ostracismo incredibilmente più dei tifosi nerazzurri che dello stesso Spalletti. Poi manca la tranquillità, come dimostrato dalla grottesca azione dell’autogol di Ranocchia. Finora Spalletti non è riuscito a dare alla squadra né la qualità né la tranquillità che oggi difettano. Anzi, le sue dichiarazioni, i suoi comportamenti, come già l’anno scorso a Roma, creano ulteriori tensioni, con l’ambiente esterno, ma anche con la stessa società, già debolissima di suo, con una proprietà lontana, un presidente (ufficialmente ancora Thohir) prestanome, un direttore tecnico (Sabatini) in comproprietà e un ds (Ausilio) inspiegabilmente ancora in sella nonostante i fallimenti a catena. Sì, da Spalletti ci si aspettava di più, ma il tecnico rimane in questa stagione l’unica ancora di salvezza. Purché la smetta di inventarsi nemici e dedichi il suo tempo a mettere meglio in campo i giocatori. A cominciare dai più bravi. Come Rafinha. Prima di rovinare definitivamente anche lui. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero