Anche se nato il 20 maggio come Diego Abatantuono, Gerson Santos da Silva, cioè Gerson, ribattezzato da tempo Gherson e pure Jerson, tutto vuol fare con la maglia della...
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QUESTIONE DI RUOLO
Gara delicata, perfino insidiosa, se ci pensate bene, per il numero 30 della Roma. Perché se giochi bene, e te credo contro il Pescara...; se giochi male, manco con il Pescara... Roma è fatta così, si sa. Va detto subito una cosa: mediano a due, Gerson non ci aveva mai giocato. Ecco perché Spalletti dalla panchina gli ha urlato di tutto per spiegargli in corso d'opera come e quando doveva muoversi. Gerson (o Gherson o Jerson, fate voi) ha provato a dargli retta, limitando al massimo i tocchi al pallone prima di concederlo a qualche suo compagno. Un paio di cose fatte bene, qualcuna di più meno bene. Il tutto mentre il Sellerone de Noantri, non contento dei tre cioccolatini regalati giovedì scorso a quelli del gruppo Edin Dzeko è un pippone, stava timbrando per l'undicesima e poi anche per la dodicesima volta in campionato, contribuendo a rovinare anche la domenica sera ai suoi detrattori. Situazione: Gerson (ecco, lo chiameremo così) a tentare (non riuscendoci, ad esser sinceri) di inventare calcio; il bosniaco a far male agli avversari, piegati anche dal rigore di Perotti. Con la Roma, però, incredibilmente capace di prendere due gol anche da una squadra che non segnava da oltre un mese. Un record. Triste.
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Il Messaggero