Massimo Maestrelli: «Ciao Pino, riposerai con babbo e Giorgio»

Wilson, Maestrelli e Chinaglia
Ciao Capitano, ai miei occhi lo sei stato sempre stato sin da piccolo, al manifestarsi dei primi dolori, non solo sul campo, ma soprattutto fuori, col tuo modo di essere, il tuo...

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Ciao Capitano, ai miei occhi lo sei stato sempre stato sin da piccolo, al manifestarsi dei primi dolori, non solo sul campo, ma soprattutto fuori, col tuo modo di essere, il tuo stile, sempre a testa alta , spalle in fuori , schiena dritta. Persuasivo, determinato ma gentile, come qualche giorno fa, quando dopo averti mostrato mie forti perplessità nel venire con te e il tuo compagno di reparto e merenda, Giancarlo, a Bisceglie per ricordare Babbo in una giornata speciale, mi hai fatto capire che dovevamo andare assieme, partire col treno, così sei passato a prendermi la mattina presto e mi hai riportato a casa in serata. Ho fatto bene, mi hai regalato una giornata speciale, parlandomi dei primi passi all’Internapoli, della tua amicizia con Giorgio, dei tuoi compagni, i figli, i tuoi nipoti e, in ultimo di babbo, di cui non riuscivi a parlare per più di 2 minuti senza che i tuoi occhi si inumidissero, assieme ai miei. I primi ricordi, al fortino di Tor di Quinto, dove accadeva di tutto e dove prima di ogni allenamento, sfidavi me e Maurizio nel gioco strano di farci prendere il pallone per poi riprenderlo con forza, trattandoci come giocatori veri, dandoci qualche calcio, con babbo che da lontano ci guardava e sorrideva divertito. Era il tuo rito scaramantico prima di ogni partita. 


L’arrivo a Roma, i primi dubbi della città e dei nostalgici di Lorenzo sulle qualità tecniche di babbo, il passaggio in serie A, quello scudetto perso incredibilmente nei minuti finali nella tua Napoli, e finalmente la grande gioia, seppur resa amara dall’avversario di quella giornata, il Foggia tanto caro a babbo. Gioia e amarezza assieme, come il terribile risveglio di questa mattina dopo la bellissima vittoria di sabato a Cagliari. Non ci riesce mai di gioire a fondo, la storia della Lazio ce lo ha insegnato. Dopo l’impresa, le prime avvisaglie di dolore, cambia improvvisamente tutto lo scenario, e il destino presenta un conto che non avrà scadenza. Casa nostra sempre piena di persone di ogni tipo sino a quel momento , si svuota e noi restiamo un po’ spiazzati, ma uniti, nella fortuna di una grande famiglia, mamma, Patrizia, Tiziana e Maurizio. Sino a quando, ogni 15 giorni, dopo la partita della Lazio in casa, suona il citofono, chi è? “Mamma, ragazzi, è il capitano”, che si presenta con le pastarelle e ci parla, ci ascolta ci dà amore e tanta forza. Ricordo quelle tue visite che ci addolcivano prima di prendere sonno, e la tua presenza è stata costante. Non immagini quanto ci sia stata d’aiuto. Mi chiedo ancora oggi cosa tu e gli altri ragazzi siate stati per babbo, un qualcosa che pochi in una vita riescono a provare, babbo ha trovato in voi quello che nel suo immaginario aveva sempre desiderato. 

Io e Maurizio, che al termine di ogni partita, con una corsa senza fiato e il cuore in gola, entravamo in campo per abbracciarvi, e quella foto speciale che ci vede noi quattro assieme, colmi di gioia, un’emozione che ho difficoltà ad esprimere. E ora, Capitano? Inizia un nuovo percorso, prenderai posto accanto ai miei cari, e al tuo Giorgio, nella tomba di famiglia, riposerai con loro, e questo addolcisce il mio dolore. Prima Porta sarà il vostro spogliatoio. Buon cammino Pino, abbracciami Cecco, Felice, Mario, Giorgio. So che continuerai ad essermi accanto come pochi hanno fatto. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero