Il matto Arrigo rivoluzionario del pallone

Il matto Arrigo rivoluzionario del pallone
ROMA Scusi mister, domani contro il Brasile gioca con 2 o 3 punte?...

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ROMA Scusi mister, domani contro il Brasile gioca con 2 o 3 punte? Devo pensarci, avevo lo stesso dubbio quando allenavo l'Alfonsine, in Promozione. In questo botta e risposta tra un allibito giornalista argentino e l'allora C.T. - nella sala stampa del Rose Bowl di Pasadena a 24 ore dalla finale mondiale di Usa 94 - c'è tutto Arrigo Sacchi. Pregi, difetti, ossessioni, manie, ma anche la filosofia dell'uomo che ha cambiato il calcio in Italia, spaccandolo in 2, tra seguaci e detrattori, e che ancora oggi lo definisce la cosa più importante tra le cose meno importanti della vita. L'ennesimo riconoscimento è arrivato pochi giorni fa dalla UEFA: è lui l'unico tecnico italiano inserito in una discussa e discutibile lista degli allenatori che hanno lasciato il segno (mancano per esempio Lippi e Ancelotti). Adesso che è arrivato a 70 anni e forse non vincerebbe più le sfide con Rijkaard al bilanciere da 120 chili (così almeno ci raccontava in Nazionale al tavolo dei dirigenti),Sacchi non molla. Difende il suo calcio predicando in tv, senza il megafono che usava a Milanello, ma con la stessa passione troppe volte malintesa. Di qui, nel corso di una carriera sbalorditiva, da terzino di Quarta Serie ai vertici del calcio, è stato ayatollah, profeta, maniaco, integralista e anche matto. Fu proprio così - questo è matto - che lo apostrofò in mondovisione Roberto Baggio, sacrificato contro la Norvegia per mandare in porta Marchegiani al posto di Pagliuca, espulso dopo 21' ai Mondiali americani. Non è mai scoppiato l'amore tra Baggio e Sacchi, convinto che sia la squadra a esaltare il fuoriclasse e non il contrario, conta più l'armonia dell'orchestra che l'assolo del tenore. Da qualche anno preferisce il pulpito della tv allo stress della panchina, ma l'ultimo successo tecnico e organizzativo porta la sua firma:con lo slancio di sempre, ha ricostruito le Nazionali giovanili, oggi di nuovo ai vertici europei. Stesso credo, stessa pignoleria. E stesse convinzioni: velocità, pressing, controllo del gioco.

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Il Messaggero