Il cardiologo Carù: «Eriksen? Tornare può essere un rischio»

Il cardiologo Carù: «Eriksen? Tornare può essere un rischio»
Christian Eriksen è tornato in campo: primo allenamento con il pallone a Odense, dove ha un’abitazione. Una bellissima notizia per il mondo del calcio. Peccato solo...

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Christian Eriksen è tornato in campo: primo allenamento con il pallone a Odense, dove ha un’abitazione. Una bellissima notizia per il mondo del calcio. Peccato solo che Eriksen, che ha un defibrillatore cardiaco impiantato sottopelle, non possa fare il calciatore nel nostro Paese. Il futuro del 29enne fantasista resta incerto. «In Italia non troverà nessuno che gli darà un’idoneità agonistica per giocare a pallone». A confermarlo è il professore Bruno Carù, cardiologo dello sport di fama internazionale già al fianco di Inter e Olimpia Milano e che in passato ha seguito anche i casi di altri tre nerazzurri con problemi al cuore come Kanu, Fadiga e Biabiany. 

Dottor Carù, ha sentito del rientro in campo di Eriksen?
«Sì, ho letto. Ma ribadisco: giocare a calcio col defibrillatore automatico è un problema ed è rischioso».
Esclude dunque che Eriksen possa tornare a fare attività agonistica di alto livello?
«Non si può. Sarebbe meglio non farlo perché, specialmente per gli sport di contatto, potrebbe subire un trauma il device e rompersi. Se prende un calcione sulla macchinetta, quella va in pezzi ed è inutile averla messa. Lui corre rischi abbastanza seri perché il calcio è uno sport di contatto. Se lui facesse un altro sport, il nuoto per esempio, non avrebbe gli stessi problemi».

Nel 1996, lei all’Inter si occupò di Kanu, per il quale formulò la diagnosi: malformazione alla valvola aortica.
«Rispetto a Eriksen, quella fu una situazione diversa. Kanu aveva avuto un’aspirazione congenita della valvola aortica che era stata aggiustata e plastificata a Cleveland in maniera meravigliosa, ma non cambiata. Ed infatti, dopo l’intervento il nigeriano riprese a giocare».

Ricorda dei precedenti con patologie analoghe a quelle di Eriksen?


«Sì, ricordo il caso di un altro giocatore preso dall’Inter, il senegalese Khalilou Fadiga. Gli diagnosticammo un problema cardiaco e non poté dunque giocare a calcio in Italia. Lui per questo andò a giocare all’estero, contro il parere dei medici. Ma a causa di quel problema giocò poco e dovette ritirarsi». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero