Ciclismo, i mondiali in Qatar deserti e sempre più roventi

Ciclismo, i mondiali in Qatar deserti e sempre più roventi
Caldo, vento, deserto, malori, assenza di pubblico, orari sbagliati: mai si era visto un Mondiale così caratterizzato da elementi negativi e dalle polemiche. I...

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Caldo, vento, deserto, malori, assenza di pubblico, orari sbagliati: mai si era visto un Mondiale così caratterizzato da elementi negativi e dalle polemiche. I professionisti della crono hanno preso atto direttamente con le condizioni climatiche avverse del tracciato, anche se non hanno dovuto sconfinare nella zona desertica dove, per 150 chilometri, si avventureranno gli stradisti domenica, prima di affrontare i 100 chilometri del circuito conclusivo. Durante la gara hanno gettato acqua fredda sui muscoli delle gambe, dietro la nuca e bevuto il doppio rispetto a una corsa normale, nel tentativo di abbassare la temperatura corporea. Due giorni fa, alcune ragazze che hanno preso parte alla cronosquadre - la belga Duyck e la sudafricana Moolman-Pasio -, sono svenute sull'asfalto e questo rischio tiene in ansia anche gli stessi organizzatori che, però, almeno fino a ieri, hanno deciso di non eliminare la parte di percorso nel deserto, quella che spaventa tutti. Tutto come nel programma iniziale: in totale quasi 4 ore in bici a oltre 40 gradi.


SENZA TIFOSI
Mai si era visto, inoltre, un campionato del mondo - di solito l'appuntamento più atteso della stagione - senza spettatori. Alle gare disputate fino a oggi, infatti, è mancato il pubblico. Negli Emirati non sono arrivati né gli appassionati europei, né quelli australiani e statunitensi e gli abitanti, seppur incuriositi dall'avvenimento, poco s'interessano alla bicicletta, mezzo non adatto a muoversi in strada: né per le elevate temperature, né per il traffico caotico che, tra i tanti grattacieli, caratterizza la capitale Doha. Ci si contendono le maglie iridate senza la consueta cornice di spettatori entusiasti ed è una vera malinconia per il mondo del ciclismo, abituato ad altri scenari. Dopo l'assegnazione dei Mondiali al Qatar si levarono timide proteste, che adesso sono diventate più forti e insistenti. Le televisioni diffondono immagini di corridori e ammiraglie che si muovono su strade aride, costellate da pietre, prive di vegetazione e di pubblico. Sembra che si stanno allenando, invece stanno lottando per una maglia iridata. L'Uci ha sacrificato quelle che sono da sempre le connotazioni e le componenti spettacolari del ciclismo per realizzare un vero e proprio business economico. Con buona pace degli atleti costretti a muoversi in condizioni estreme che potrebbero anche condizionare o falsare il risultato tecnico.

GLI AZZURRI

La squadra italiana ha provato già per due giorni il tracciato nel deserto, trovando temperature superiori ai 43 gradi. Il percorso sarà completamente pianeggiante ma potrebbe diventare difficile a causa del vento. Gli azzurri ci sperano, spiega il ct Davide Cassani. E sul gran caldo aggiunge: «Conoscevamo da tempo la situazione ambientale problematica, in questi giorni di allenamento non dovremo perdere peso perché significherebbe perdere anche una percentuale importante di rendimento. Sapevamo di andare incontro a queste condizioni, speriamo che domenica il caldo - come previsto - si attenui un poco». Gli staff medici delle varie nazionali sono già al lavoro per preparare borracce che, oltre all'acqua, contengano potassio, selenio, zinco, manganese rame e tanti zuccheri da assimilare prima e durante la prova in linea, sulla distanza di 257 chilometri. Ogni corridore consumerà una borraccia ogni 10 chilometri. In totale saranno 25 a testa (quasi 13 litri) nella corsa dei professionisti su strada, per contendersi una maglia iridata davanti a pochi appassionati. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero