Da Bartali a Nibali e Lopez: quando il tifoso non dà sostegno

Il frame tv della reazione di Lopez
Il ciclismo è sempre più affollato e sempre più spesso si verificano incidenti causati dal pubblico. Selfie, manie di protagonismo e manifestazioni di...

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Il ciclismo è sempre più affollato e sempre più spesso si verificano incidenti causati dal pubblico. Selfie, manie di protagonismo e manifestazioni di dissenso sono all’origine delle cadute tra i corridori in gara. Quel mal sano modo di toccare il corridore che passa, per sostenerlo o incoraggiarlo nei momenti di crisi, troppe volte manda in fumo una vittoria. Senza contare i danni derivanti dalla caduta. Ieri si sono verificati due casi incredibili. Lopez ha perso la corsa per colpa di un tifoso, che toccandolo, lo ha mandato a terra e Roglic, aiutato in salita da un connazionale che lo spingeva, ha preso 10” secondi di penalità. In questo Giro però i gesti pericolosi del pubblico sono stati tanti. Appena due giorni fa un folle aveva lanciato, di proposito, una bici in mezzo alla strada per causare cadute prima del passaggio della corsa. Qualche giorno prima un uomo, correndo nudo vicino al ciclista in testa alla corsa è scivolato, e solo per poco non ha mandato a terra il corridore.


ANCHE AL TOUR

Di episodi così il ciclismo è pieno e nessuno può dimenticare, quanto accadde lo scorso anno a Nibali al Tour de France. Il siciliano, considerato uno dei possibili vincitori, cadde per colpa della cinghia della macchina fotografica di un tifoso. Il laccio agganciò la bici del siciliano, che finì a terra e fu costretto al ritiro. Sempre al Tour dello scorso anno anche Froome ebbe problemi con il pubblico e per miracolo portò a termine la corsa senza problemi. Il pubblico che affolla le strade è tantissimo, perché il ciclismo è uno sport che non fa pagare il biglietto. Ma troppo spesso accade che la gente, oltre a perdere il buon senso, commetta illeciti. Lo scorso anno ci fu il problema dei fumogeni e alcuni ciclisti furono costretti a fermarsi per irritazione alla gola e agli occhi. Ora ci sono divieti ben precisi e anche le norme di sicurezza sono cambiate, ma non basta. Una volta Gino Bartoli durante il Giro d’Italia del 1949 lanciò un appello al pubblico. Chiese di non essere più fermato durante la corsa, perché a causa di quegli abbracci in una tappa arrivò a perdere oltre 4 minuti. Il pubblico capì e rimase al suo posto per quanto possibile. Oggi purtroppo la voglia di essere protagonista supera ogni cosa. Per la caccia al selfie ormai non bastano più le transenne.
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Il Messaggero