Euro2020, Francesca Mantovani e un amore di Samp: «La mia Italia nel nome di papà»

Vialli e Mancini
«Sono tornata a tifare Mancini da quando guida la Nazionale e da quando ha portato con sé i nostri ragazzi blucerchiati. Da allenatore di club, niente. Io sto con la...

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«Sono tornata a tifare Mancini da quando guida la Nazionale e da quando ha portato con sé i nostri ragazzi blucerchiati. Da allenatore di club, niente. Io sto con la Sampdoria e basta. Adesso, però, li ritrovo lì, su quella panchina e allora posso fare uno strappo alla regola». Francesca Mantovani non scherza affatto. «Ci mancherebbe, io sono abbonata in gradinata sud dal 2002, altro che tribuna come una volta. La mia squadra è quella, addirittura ho cominciato a seguirla prima di papà». È la primogenita di Paolo, presidente dello storico scudetto di 30 anni fa. Di una favola.


Il ct è il Mancio, il pupillo di suo padre. È bastata, insomma, la sua presenza per avvicinarla pure all’Italia?
«Il mio legame è per il gruppo. Che era e resta una famiglia. Così ha voluto papà, numero uno di un calcio di altri tempi. In cui l’affetto e la passione erano venivamo prima di qualsiasi altra cosa. La Nazionale mi piace insomma perché è rappresentata dai nostri. Da Mancini, Super Vialli, Chicco, Attilio e Fausto. È bellissimo effetto vederli insieme come se Coverciano fosse Bogliasco. La Sampdoria sta facendo grande l’Italia»
A parte i gemelli del gol, gli altri sono Evani, Lombardo e Salsano. Li chiama per nome, siete cresciuti insieme, giusto?
«Certo, sono soprattutto miei amici, da sempre. Abbiamo festeggiato insieme il trentennale con Attilio. Vive a Genova, io sto a Pieve Ligure e ci frequentiamo. Sento anche Chicco. Fausto invece vede più Roby della moglie... Un momento: non è che mi sono dimenticato Battara e Nuciari. Mi diverto a sentire i tifosi genoani che tifano contro».
Che cosa avrebbe detto suo papà vedendo l’exploit di Mancini in questo triennio e nell’Europeo? 
«Sarebbe stato felicissimo e orgoglioso. Peccato se ne sia andato così presto. E non avrebbe nascosto l’emozione vedendo l’abbraccio tra i due dopo la vittoria contro l’Austria».
Parla solo per suo padre?
«È stato toccante anche per me. Mi ha colpito lo scatto di Gianluca verso il campo per andare a cercare l’amico. Sono sempre stati attaccati, pure quando erano distanti. Io sento spesso Vialli, ci scambiamo sms. Il primo dopo il successo sulla Turchia: io ero a Istanbul, organizzo vacanze sui caicchi. Lui mi ha risposto: “Ne mancano ancora sei”. Non abbiamo più smesso. È cominciato il conto alla rovescia. “Meno uno”, l’ultimo. Il calcio per me sono la Sampdoria e loro: 14 anni è stato presidente papà, mio fratello Enrico e qualcuno spesso lo dimentica. Io, invece, ho un appuntamento particolare».
Dove?

«A Matera, la prossima settimana. Un club della Roma mi ha invitato con Loris Boni che è stato giocatore blucerchiato e giallorosso, legatissimo alle due squadre. Mio padre è nato in via Crescenzio. So che inizialmente era laziale. Poi da giovane si è spostato a Genova. Comunque ha fatto vincere lo scudetto alla Roma: prestò per un anno Vierchowod a Viola. E Pietro non voleva più tornare. Meno male che l’ingegnere rispettò la promessa».

 

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Il Messaggero